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Editoriale CSI: Penny, Penny, Penny.

editoriale CSI

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Dentro questa Casa, la casa di CSI, c’è chi ha iniziato gattonando verso una chitarra, abbracciandola poi ogni volta che ha voglia di fiducia.

C’è chi la curiosità ha portato troppo avanti e troppo indietro, un infinito pendolo che ha scavato un solco e sedimentato il talento.
C’è chi scompone e ricompone, senza temere di liberare fragilità. C’è chi ha volato così tanto da potere raccontare ogni confine come si contano le stoviglie in cucina. Ma nessuno ha trovato una strada, soltanto un posto dentro di sè.
Quel posto oggi è anche di tutti coloro che avranno voglia di visitarlo, di viverlo e di ascoltarlo.
Da tre anni CSI ha attraversato varie fasi ed evoluzioni, delusioni e depistaggi, ha cambiato pelle, capelli e finestre.
Oggi, con il lavoro, il sacrificio, l’assoluta plausibilità del sogno fanciullesco ed un sentimento di predestinazione, siamo pronti ad inaugurare un nuovo capitolo.
Il nostro magazzino si arricchisce di una piattaforma dove leggere contenuti tecnici ed emotivi sugli ultimi dischi in uscita ma anche su quei lavori fondamentali che nel corso della produzione musicale hanno trovato posto sugli scaffali delle discoteche ed anche della libreria dell’anonimo signore del quinto piano.
I live report e le nostre live session vi porteranno a contatto con gli artisti, senza filtri, per rievocare nei momenti di fredda routine la magia del sottopalco, del puzzo acido delle sale concerti, del senso di felicità diffusa.
Interviste, curiosità e campari soda.
Ci sarà anche “Retina”, un punto di contatto tra due mondi, musica ed arti visive, che sono ai lati della sala a guardarsi senza il coraggio di dirsi quanto uno ha bisogno dell’altro, e allora proveremo ad avvicinarli raccontandovi mostre, opere, pubblicazioni ed i visual più interessanti in esibizione.
Al centro della nostra proposta potremmo dire che c’è l’artista,  la persona ed una serie di ovvietà lette un po’ dappertutto, ed in quanto tali assolutamente vere.
Ma c’è qualcosa di più, c’è l’euforia dell’autostrada e l’orgoglio di guardarsi indietro scorgendo le ultime fila, c’è il vicino che fuma e l’affondo sui divanetti del backstage.
La cintura, le scarpe e le stanze che cambiano forma e colore, l’attesa impaziente di restare soli davanti un quadro perché odi condividere la tua immobilità.

C’è il silenzio tutto tuo.
C’è tutto quello che vediamo e che gli altri non vedono.

Non siamo in grado di fare promesse, chi ci conosce non si fida nemmeno un po’ e forse imparerete a farlo anche voi.
Ma la nostra indipendenza, concetto oggi abusato, stuprato, sbandierato e venduto, ha un preciso significato: prendiamo tutto molto seriamente, specialmente se è qualcosa a cui si crede anche a 6 anni.
La Danimarca vincerà, gli uomini sono liberi solo nei sogni e abbiamo paura del mostro di Lochness.
Il nostro primo grazie va alle nostre famiglie, ai nostri amici, alle nostre ragazze ed i nostri ragazzi che rispettano e amano quello che la carriera etichetta come la nostra immaturità, al 13/D, a tutti quelli che senza il ritorno di un euro fanno questo lavoro, a V0id che ha realizzato questo sito con lo scatolone fabbricone, a Vincenzo che ha smesso di diventare grigio prima di tutti quanti e ci ha salvato dalla strada per la pensione.
Grazie a Ringo Starr, John Deacon, Mauro Repetto, Steven Bradbury, Cotoletta e Bonehead.

Ma soprattutto grazie a chi ci ha sfiduciato, chi ci ha abbandonato, chi ci ha azzoppato.

La porta è aperta, Bentornati a casa.