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|Interview| Intervista agli AIM: la gravità della scena brianzola

Cinque album all’attivo, l’ultimo, Gravity, pubblicato di recente, e concerti in tutta Italia e Europa.

Loro sono gli AIM, band con oltre vent’anni di esperienza, un’istituzione in Brianza. Ci siamo fatti raccontare qualcosa in più sul nuovo album e di come sta andando, ecco com’è andata!

Di fatto, avete vissuto 20 anni di musica in Italia. Quindi chi meglio di voi può dircelo. Dove stiamo andando e cos’è cambiato?

In vent’anni di carriera e una vita passata a organizzare e ad andare a concerti, abbiamo visto band sconosciute diventare grandi e viceversa band famose scomparire nel nulla. Poi abbiamo visto band come noi, piccole ma con un gran potenziale di “aggressività”, non mollare mai.

Come diceva Tony Sly (RIP) descrivendo i suoi NUFAN, siamo band che volano appena sotto al grande radar del mainstream e questo alimenta la nostra voglia di continuare a fare musica.

Perchè non lo facciamo per i soldi, non lo facciamo per la fama ma, come dicono i NOFX, lo facciamo per la causa. Cioè perchè ci piace, senza nessuno scopo morale o materialistico. Questo è il nostro motore e il motore di band che come noi da oltre vent’anni continuano a registrare album e fare tour, come ad esempio i nostri amici toscani Seed’n’Feed.

Dove stiamo andando non lo so, ma quello che so è che è cambiato molto lo scopo, l’”Aim”, del perchè si fa musica, ovvero oggi si usa la musica per arrivare da qualche parte, per dire ce l’ho fatta col tuo outfit figo e tutto quanto mentre la vera musica, il vero stile di vita dettato dalla musica, sopravviverà solo se si suona per divertirsi, per condividere qualcosa di bello, per farsi compagnia, sbattendosene di tutte le menate del “devo farcela” o “devo assolutamente dire qualcosa”.

Easiness. Easiness e sempre easiness.

In che modo Gravity è la sintesi di quanto vi è successo fino ad ora?

Nel senso che è veramente un frullato di tutti i nostri dischi precedenti con un vestito sonoro made in 2020. Gravity è proprio un mix tra la potenza granitica del drum & bass tipicamente AIM e isole sonore molto più dilatate e elettroniche nate dai miei ascolti sempre più frequenti di musica techno, trance, disco o trap e dalla collaborazione con altri musicisti che stimo molto e che sono sempre stati vicini al mondo Aim come Luca Vecchi (Nice), Giuseppe Magnelli (ex Io?Drama) e Stefano Elli (Sabbionette Studio).

Com’è andata con Federico Dragogna? Lavorerete insieme in futuro?

Con Federico abbiamo partorito We are Sailing. Ho imparato molto da lui, soprattutto rispetto alla sua attenzione maniacale al dettaglio o al suo gusto del bello.

Non penso però che lavoreremo ancora insieme in futuro. Credo infatti di non volere più un produttore per i miei album. Cioè, capisco che praticamente tutti gli album che mi piacciono hanno dietro un bravo produttore e capisco anche che quando ascolto la musica che produco io alla fine è un po’ “ineducata”, un po’ imperfetta.

Ma è proprio questo che mi piace, ed è questo tipo di scrivere, registrare e di fare musica che rispecchia perfettamente chi siamo noi AIM, cioè tre persone ineducate, musicalmente parlando, di cuore e soprattutto libere.

È vero che in Italia si è considerati esordienti per sempre quando si fa musica?

Sinceramente non lo so. Però sono sicuro e sono pronto a scommettere che in qualche recensione di Gravity leggerò “Gli AIM, pronti a celebrare la loro maturità col loro nuovo disco” o “Ecco gli AIM giovane promessa del panorama alternative italiano” . Pazzesco.

Ci fate una playlist di cinque brani che per mood o genere si avvicinano a voi?

Certamente. The Psychedelic Furs con In my head, Shipping News con We start to drift, Copeland con Chin up, Screeching Weasel con Sunshine e Good Riddance con Not with him.