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|Interview| Intervista ai C+C=Maxigross, che si sono dati una calmata

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i C+C=Maxigross in occasione dell’uscita del loro nuovo album dal titolo Deserto.

 Un nuovo complicato capitolo per i C+C=Maxigross: il primo orgogliosamente in italiano per la band (o meglio, per il collettivo) veronese, che ci ha risposto spesso in modo criptico, senza nessuna caduta di stile. Leggete cosa ci hanno raccontato.

Riassumendo, chi sono i C+C=Maxigross e cos’hanno da portare nel 2019 che è stato decisamente l’anno dell’it-pop? 

Un saluto a tutte le lettrici e i lettori di CSI Magazine, noi siamo i C+C=Maxigross, un collettivo artistico nato a Verona nel 2008.

Il mezzo espressivo che prediligiamo è attualmente la canzone pop e il 2019 è l’anno in cui ne abbiamo portate addirittura undici, racchiuse in Deserto – il disco.

Sui generi musicali di tendenza non sappiamo molto, sicuramente la trap ci pare che “spinga di brutto” (si dice così tra i giovani?). Ma se si parla di movimenti senz’altro il 2019 a nostro avviso è stato l’anno di Non una di meno (anche il 2018).

Domanda che vi staranno facendo tutti e che anche noi non possiamo mancare. Perché avete scelto di passare all’italiano? E che effetto vi ha fatto sentirvi nella nostra lingua?

Ad un certo punto del nostro percorso artistico sentivamo il bisogno di comunicare qualcosa che potesse arrivare a chi decideva di dedicare il suo tempo dall’ascolto della nostra musica. 

Ci è venuto naturale pensare ai grandi artisti, quelli che riescono a toccarti nel profondo e tutti questi, a fianco di un grande talento artistico, hanno anche la loro lingua madre. 

Sembra banale, ma per noi capire che lo strumento più universale non è la lingua più parlata al mondo (che non è nemmeno l’inglese tra l’altro…), ma l’idioma che più ti permette di esprimerti in modo sfumato e completo è stata una scoperta rivoluzionaria. 

Usa lo strumento che più ti è consono, non serve guardarsi troppo intorno: adesso ci sembra così ovvio!

Che clima si respirava a Verona quando avete registrato l’album? 

Dal punto di vista prettamente climatico e ambientale Verona, come tutta la Pianura Padana, è una delle aree più inquinate d’Europa.

Dal punto di vista politico e sociale la nostra città è da sempre (quanto meno come è documentato dalla nascita della Repubblica) una roccaforte del razzismo, del neofascismo, del fondamentalismo cattolico e del perbenismo.

Questi sono i “valori” che caratterizzano il cittadino medio veronese, e che sono rappresentati dalla classe politica da esso votata.

Negli ultimi anni, come vuole la tendenza mondiale, questi “punti di vista” sono stati sdoganati, e se fino a quindici anni fa vi era meno consapevolezza del razzismo (sia da parte di chi è razzista che dalla parte di chi non lo è) ora è diventato normale. 

Lo vediamo ogni giorno, esprimere pensieri che incitano e incoraggiano all’odio contro ciò che è diverso. Questo è il clima che respiriamo da sempre a Verona.

Proprio per questo per noi è fondamentale raccontare un’altra città, un’altra comunità di persone che esistono, resistono e ogni giorno creano occasioni di incontro, di apertura verso ciò che non conosciamo, di scambio.

Lo scambio è vitale per superare, assieme, questo momento difficile per l’Umanità. Che ricordiamo, fino a prova contraria: è una sola.

Deserto per Verona è stato questo: un’estate di concerti ed eventi in ogni angolo possibile, tra Verona e provincia, per incontrare queste persone che credono in valori di inclusione.

Abbiamo a messo a disposizione le nostre canzoni come il panettiere ha messo a disposizione il proprio pane. Scendere per strada non è mai stato così bello.

In che modo Deserto non è solo un disco ma un progetto artistico più ampio?

Per concepire Deserto siamo partiti dall’idea che il nostro scopo come esseri viventi sia inequivocabilmente trasmettere qualcosa. Siamo partiti da questo. Abbiamo provato a non infilarci in schemi e stilemi e a ripensarci da zero dimenticando anche di essere musicisti. 

Ne è emersa musica, immagini, narrazione e voglia di fare qualcosa per l’ambiente sociale che sta intorno a noi.

Dalla musica nasce Deserto – il disco, dalle immagini le bellissime illustrazioni di Mattia Pasquali e il film Deserto che stiamo realizzando con Stefano Bellamoli e dalla necessità di agire per ciò che ci circonda è nato Deserto per Verona e Deserto per il Veneto. 

Ogni parte in funzione dell’altra, senza un progetto più importante a dettare la linea agli altri: oggi siamo in tour, domani magari saremo al lavoro su un romanzo.

Non ci poniamo limiti in termini espressivi, come non sono un limite nemmeno le nostre capacità tecnico-creative: se sentiremo mai il bisogno di fare qualcosa che non siamo in grado di fare, faremo come già stiamo facendo per un sacco di cose: intrecceremo nuove collaborazioni con persone più capaci di noi. 

E in che senso non siete una band ma siete un collettivo?

Per noi il progetto C+C=Maxigross è un organismo vivente formato da vari organi: ogni organo ha il suo ruolo vitale ed influenza il funzionamento dell’insieme. Non è un organismo predefinito, sicuramente è imprevedibile, e ciò che fino a ieri era un cervello può diventare una milza e viceversa.

Essere parte di questo mistero è ciò che ci spinge fortemente a continuare questo viaggio.

Con questo disco, vi siete dati anche una bella calmata o sbaglio? Volevate lasciare più spazio ai testi? 

La persona violenta farà di tutto per circondarti con la sua rabbia, tu ascolta il poeta che con il suo silenzio non ti impone nulla, anzi ti lascia spazio per riflettere.

Nella sapienza popolare cinese è comune associare la calma alla forza; il contrario di quello che succede in occidente in cui la forza è vista come qualcosa di animale e legato a all’onore che si impone superando in termini assoluti in uno schema vincitore/vinto.  

Il vuoto, il silenzio, la notte e le parole sono di una potenza devastante rispetto al loro opposto, anche qui spesso si crede il contrario. 

Se ascolti le nostre canzoni e ti ci ritrovi dentro, noi abbiamo raggiunto il nostro scopo e tu te ne torni a casa con qualcosa di intimo, personale e tuo. 

Si chiama immagine riflessa ed esiste solo se c’è uno specchio e una persona che si riflette in esso.

E adesso cosa succede?

Questa 

è una domanda

troppo perfetta 

per rovinarla 

con una risposta 

qualsiasi.

 

 

di Smoking Area