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|Interview| Istinto & entusiasmo: è Mille e si racconta per noi

“Animali”, perché questo siamo. Ci si annusa e ci si riconosce, a prescindere dal tempo e da quello che accade intorno, con l’augurio di ritrovare la meraviglia di un sentimento anche
dopo una vita.

Mille, nome d’arte di Elisa Pucci, è una cantautrice nata nella provincia romana e milanese d’adozione. Ha pubblicato da poco il suo nuovo singolo e l’abbiamo intervistata per conoscerla meglio.

Per prima cosa, parliamo un po’ del tuo nuovo singolo, “Animali”: come è nato?

È una canzone nata in un periodo in cui mi trovavo in una sorta di quarantena autoindotta, non quella che abbiamo vissuto tutti: l’ho scritta diverso tempo fa, in un momento in cui tutti i giorni erano uguali, in cui mi trovavo in una sorta di gabbia che mi ero costruita con le mie mani.

È come un flusso di coscienza, perché ho messo nero su bianco il cuore che stavo sezionando in quel momento.

Conservo ancora la registrazione vocale del ritornello, di come l’ho scritto, perché quella è stata la prima volta che lo cantavo senza aver neanche appuntato il testo, senza aver prima provato la melodia, e la registrazione infatti finisce con un “boh”: alla fine ho scelto di mantenerlo integro, proprio come era sulla registrazione vocale.

È una delle prime canzoni che ho scritto in italiano, e questa cosa mi aveva anche aiutato a ragionare su tutti i punti interrogativi, tutti i limiti che stavo cominciando a superare.

L’ho usata un po’ come una terapia, perché ha in parte segnato l’inizio di questo progetto in un periodo particolare.

Ora, non vuol dire che io abbia tutte le risposte, ma quello che so di avere in mano è la possibilità di averne, perché non c’è nulla di insormontabile e nulla che non si possa costruire, con un’accezione positiva, perché già questa possibilità porta vivere le cose in un’ottica diversa.

Perché hai scelto proprio “Mille” come nome d’arte?

Questo nome lo devo a mio padre, che avrò sentito esclamare a mia madre “Ecco, sta arrivando la spedizione dei Mille!” almeno un milione di volte: da piccola ero molto curiosa, vivace, e giocavo in un modo quasi alternativo facendo spettacolini organizzati in sala da pranzo con tanto di scenografie e costumi.

Ogni volta creavo un casino terribile dentro casa (perché ovviamente non lo facevo in cameretta, ma in salone invadendo gli spazi vitali di tutti), e mio padre gridava cose come “Mamma li turchi!” o “L’armata Brancaleone!”, quindi questa spedizione dei Mille è sempre rimasta un po’ dentro di me.

Tutt’oggi mi chiama la garibaldina di casa. Inoltre a Velletri, dove sono nata e cresciuta, si ha veramente tanta fantasia e tutti hanno questa abitudine di inventare nomignoli: insomma, non sono dovuta andare troppo lontano per trovare il mio nome d’arte!

Da quel che ho visto, sin da piccola hai avuto un animo ribelle (ad esempio hai falsificato la firma di tuo padre per partecipare allo Zecchino d’Oro). Come si riflette questo temperamento nella tua produzione? Hai dovuto domarlo oppure ti è stato d’aiuto?

Avere un po’ di faccia tosta è sempre un vantaggio: quello spirito di “come va va” o “come la va la spacca” mi ha sempre un po’ accompagnata. Avevo falsificato la firma di mio padre perché ero piccola, una bambina di otto anni che aveva chiesto al suo papà “Papà io vorrei tanto fare lo Zecchino d’Oro!”, ma la cui richiesta era stata pressa in modo un po’ superficiale e quindi nonostante l’età ha voluto dimostrare di avere delle idee, di voler fare delle scelte, perché era un essere pensante.

Ora sono cambiata in questo senso, perché non falsificherei più la firma di mio padre, ma avrei molta più pazienza e mi ci metterei a parlare anche dodici ore di più per trovare un accordo e non dover falsificare la firma (che poi era fatta proprio bene, anche perché avevo preso i suoi documenti e li ho studiati con attenzione, ed infatti fu presa per buona!).

Questo impeto e questa vivacità però me li sono sempre portati dietro, anche se adesso sono un po’ diversa.  Quella bambina me la tengo sempre molto stretta, ce l’ho sempre di fianco, ma con il tempo si cresce.

Ad esempio, io sono sempre stata molto affezionata alla parola “rivoluzione”, ma oggi tengo molto anche alla parola “evoluzione”, perché sono le evoluzioni che portano dei cambiamenti concreti nella vita.

Quella parte rivoluzionaria c’è sempre, fa parte di me, della mia storia, perché siamo anche il risultato di quello che siamo stati, ma mi sento veramente ancorata alla parola evoluzione in questo momento; ho una calma e una passione per la lentezza che prima era coperta dalla necessità di ottenere le cose qui ed ora, che per quanto possa essere comunque importante, deve lasciare spazio al seminare per far si che il futuro possa essere diverso ed il riuscire a costruire è qualcosa che mi sta molto più a cuore rispetto solo alla rivoluzione e basta.

Anche le canzoni in italiano sono il frutto di un’evoluzione, di una consapevolezza presa a poco a poco. È stato dal giorno alla notte che ho cominciato a scrivere perché una prima volta c’è ovviamente, però poi il tempo mi ha portato a pensare che era una cosa che volevo veramente fare, e che infatti poi ho iniziato a fare sul serio grazie alle canzoni che ho scritto.

Prima di intraprendere anche il percorso da solista, hai suonato con i “Moseek” partecipando anche ad X-Factor. È stata un’esperienza che ti ha arricchita (sia dal punto di vista personale che artistico)?

Assolutamente, ho un ricordo meraviglioso dell’esperienza ad X-Factor: ho avuto modo di imparare tanto, di stare a contatto praticamente giorno e notte con dei veri e propri maestri che per me sono stati dei punti di riferimento e molti di loro lo sono tutt’ora.

Mi sono anche divertita da morire con Davide e Fabio, e questa è una cosa molto importante, perché con tutta la serietà con la quale abbiamo potuto vivere questa esperienza, siamo riusciti lo stesso a dare la giusta leggerezza a quello che stavamo facendo, e quindi ci è servito tanto, anche perché la visibilità che abbiamo poi avuto grazie a X-Factor ci ha portato in giro tantissimo a suonare.

Per quel che riguarda i Moseek, è una parte di me, ma è un progetto per il quale ho sempre scritto le canzoni in inglese; quando poi ho iniziato a scrivere in italiano mi sono detta di dover fare una scelta, quindi anche se in questo momento non ci sono uscite in programma, perché con Mille ci sono diversi impegni che mi aspettano, è qualcosa di ancora vivo, al quale non voglio rinunciare, fa parte di quella felicità che si costruisce pezzetto dopo pezzetto.

Cosa ti ha portato poi a continuare il tuo percorso come solista?

Innanzitutto, sono due mondi completamente diversi, non solo per la lingua in se’, quindi l’italiano per Mille e l’inglese per i Moseek, ma sono anche progetti che appartengono ad una dimensione differente.

Per i Moseek, ad esempio, ho scritto ispirata da un suono, da sensazioni, ho raccontato anche delle storie che avessero anche la faccia di Davide e di Fabio. Quando ho cominciato a scrivere in italiano, ho iniziato a farlo solo al pianoforte, e ovviamente facevo ascoltare agli altri quei i pezzi ma era una dimensione distante dal loro mondo; si sono comunque appassionati alle canzoni che avevo scritto, anzi, Davide, il batterista dei Moseek, è il coautore insieme a me, quindi è una questione ancora più collettiva adesso rispetto a prima dove scrivevo solamente io.

La differenza è che ora questo progetto ha solo la mia faccia, perché quello che scrivo racconta totalmente la mia storia, non ha a che fare con altre persone. La presenza di queste canzoni ci ha fatto decidere di iniziare un nuovo percorso, senza abbandonare l’altro.

Abbiamo semplicemente agevolato questa nascita, in modo spontaneo, perché si era creata un’esigenza, forse anche fisiologica, e poi semplicemente abbiamo dato un nome a questo percorso.

Oltre all’esperienza di X-Factor, sei stata in tour non solo in Italia ma anche in Inghilterra e hai suonato al Sziget Festival. Cosa hai provato nel portare la tua musica su così tanti palchi diversi? C’è un aneddoto particolarmente emozionante o divertente legato ad una di queste esperienze?

Suonare è sempre tanto diverso a seconda del posto e del pubblico; è meraviglioso portare la propria musica in un posto dove ovviamente non c’è nemmeno lo scoglio della lingua, perché quando ho suonato all’estero è stato con delle canzoni in inglese, quindi non c’era quel piccolo ostacolo, che qui in Italia è un po’ più frequente, della comprensione della lingua.

In Inghilterra è stato stupendo cantare e sapere che tutte le persone comprendevano quello che dicevo, e sempre lì mi è capitata un’esperienza stupenda. Stavo suonando le mie canzoni in inglese, ma ad un certo punto, non ricordo per quale motivo, è nata l’esigenza di dire delle cose in italiano, un po’ come quando gli italiani vanno all’estero e cercano di insegnare qualche parola tipica alla gente del posto, solo che l’ho fatto sul palco.

Avevo spiegato al pubblico come si esprime l’entusiasmo in Italia quando c’è qualcosa che ci piace, tramite la frase idiomatica “Da paura!”: ad un certo punto quindi mi sono ritrovata a fare lo spelling di “Da paura” e a farlo gridare al pubblico, in Inghilterra, a Nottingham, ad un festival dove tra l’altro non solo si suonava ma c’erano esibizioni di compagnie teatrali, pittori, scultori, fotografi, da tutte le parti del mondo, quindi non avevo solo gli inglesi davanti, ma anche francesi, spagnoli, e ad un certo punto il pubblico ha cominciato a seguire me esclamando “Da paura!”.

Questo mi ha fatto capire che lo scoglio della lingua non c’è davvero, c’è solo se lo vuoi vedere, perché anche io stavo cantando in inglese, ma la possibilità di comunicare qualcosa, di entrare in contatto con le persone là davanti, c’è sempre, bisogna semplicemente mettersi a disposizione.

Questa esperienza mi è rimasta nel cuore, ho anche un video di quel momento lì ed è stato fantastico, uno dei ricordi più belli che ho del tour che ho al di fuori dell’Italia.

Quali sono i progetti di Mille per il futuro (nuovi singoli, un EP, un album)?

Ci saranno diversi singoli, uno dopo l’altro: tutte le canzoni che ho scritto cominceranno ad usciranno fuori da questo studio, da questa casa. Questa prima parte dell’anno è stata molto particolare e ha scombinato un po’ i piani, ma al di là di questo un nuovo singolo uscirà molto presto!

 di Lucrezia Lauteri