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|Interview| Under Control: l’eterno ritorno dark degli Other Voices

A night lasting a year.
Ma forse anche qualcosina in più. Il tempo necessario per riordinare le idee, metabolizzare quanto costruito fin qui e ripartire. Già, perché in realtà sono trascorsi ben sette anni da un disco ambizioso come A Way Back, registrato in quel di Liverpool (la patria dei Beatles, certo, ma forse più corretto tirare in ballo gli Echo & The Bunnymen) con l’aiuto di gente piuttosto abituata a manipolare determinate sonorità (Pat O’Shaughnessy, Kevin Paul e, soprattutto, David “Yorkie” Palmer).

Un lasso di tempo notevole al giorno d’oggi, ma quanto mai utile ai calabresi Other Voices per riappropriarsi di quell’identità dark wave che, sin dal lontano 1998, li ha portati a esplorare quei sentieri oscuri già battuti in precedenza dai vari Cure, Joy Division e Bauhaus, giusto per citarne alcuni.

Sono questi i principali riferimenti di un background che, partendo dalle gelide geometrie post-punk, è riuscito ad ampliare il proprio vocabolario plasmando un suono via via più stratificato, irrobustito da mirate incursioni in dimensioni pre-shoegaze à la Chameleons e Sad Lovers And Giants, ma anche in territori affini all’EBM e al proto-industrial di Sisters Of Mercy e Killing Joke. Un percorso in direzione ostinata e contraria, lungo wilderness esistenziali ineluttabilmente a tinte fosche, culminato nell’ultima fatica in studio: Under Control, uscito sul finire del 2022 per l’etichetta svizzera Swiss Dark Nights.

Ne è chiaro esempio il nuovo folgorante singolo, Old Dogs, sostenuto da una sezione ritmica pulsante (Francesco Misiti alla batteria e Giuseppe Bonelli al basso), dai preziosi intrecci di chitarre e tastiere (Giuseppe Dromì e Alda Ferrazzo) e dall’inquietante performance del frontman Enzo Amato, qui archetipo di quel lugubre fatalismo tipicamente goth (“We are the young the dancing dead, we are the old dogs about to die”). Si tratta di uno degli episodi più emblematici del “change of style”, come direbbe qualcuno, della band reggina, alle prese con la sua prova forse più matura, in perfetto equilibrio tra nervose sfuriate electro (Night Finds Shelter e The River Styx) e dilatazioni dal taglio onirico prossime a sfociare, ovviamente, nell’ incubo (After Midnight, The Buds Of Deceit e Hamelin) .

Parte del merito va sicuramente anche al lavoro in produzione di Daniele Giustra (aka Selfieshadows) assieme ad Adriano Modica, senza dimenticare il tocco del solito “Yorkie”, probabilmente i principali artefici di un suono wave mai così dominante e strutturato, seppur fedele a se stesso.

Perché, in fin dei conti, Under Control è comunque un lavoro nel segno della continuità, la naturale evoluzione di una band che, nel tempo, è riuscita a incapsulare parte di un intero immaginario eigthies fino a farlo diventare proprio, dando vita a qualcosa di estremamente personale.

Questione di controllo, appunto, concetto che stavolta assume contorni vagamente politici, non solo esistenziali, ma resta una nozione essenzialmente curtisiana. Un legame, quello con il leader dei tanto amati Joy Division, sottolineato dalle parole dello stesso Amato e dalla cover di New Dawn Fades eseguita lo scorso 1 aprile sul palco dell’LSS Theater di Polistena, vibrante anteprima di un tour che sta portando gli Other Voices nei club di mezza Italia. L’occasione ideale per incontrarli e sviscerare l’anatomia del dolore dietro Under Control: un nuovo raggio di luce in un’alba senza fine.

Partiamo, innanzitutto, dalla data zero di questo tour: il release party all’LSS Theater di Polistena. Come è stato presentare dal vivo il nuovo album nei “vostri luoghi”, come diceva qualcuno, davanti alla vostra gente? Non so, magari potrei sbagliarmi, ma in tutta sincerità non credo di avervi mai visto così emozionati…

Beh, sì, è vero. Prima di tutto, perché era da tanto che non eravamo impegnati in un tour e poi perché abbiamo lavorato a questo album con grande impegno e dedizione e vedere tanta affettuosa partecipazione da così tante persone ci ha in effetti emozionato e reso orgogliosi. Presentarlo, poi, in una location come l’LSS Teather è stata la chiusa perfetta e la spinta per iniziare al meglio questo tour.

Parliamo un po’ del disco, “Under Control”, uscito sul finire del 2022 dopo una gestazione piuttosto lunga. Come è cambiato e come si è evoluto l’album nel tempo?

Sul finire del 2018 i brani di Under Control erano già pronti o quasi, ma eventi interni alla band prima e la pandemia poi hanno ritardato l’uscita del disco. Questi imprevisti si sono però rivelati un valore aggiunto, ci hanno fatto cambiare prospettiva sulla direzione sonora da imprimere al disco. Il cambiamento vero e proprio negli arrangiamenti è stato sperimentare suoni differenti rispetto ad Anatomy Of A Pain e A Way Back.

Al centro di tutto, sin dal titolo, vi è il concetto di “controllo”, qualcosa che rimanda automaticamente ai Joy Division, da sempre tra i vostri principali punti di riferimento. Voi cosa volevate raccontare con “Under Control”?

Rispetto al “control” di Ian Curtis che, a nostro avviso, sottolineava la perdita di controllo inteso come difficoltà nel gestire le relazioni, le pressioni e i sentimenti, il nostro scopo era puntare l’attenzione sul controllo esercitato psicologicamente su e da se stessi.

Ecco, per quanto mi riguarda, sia a livello sonoro che tematico, credo possa esser considerato il vostro album più maturo, in cui c’è sì un ritorno più marcato alle vostre origini prettamente dark wave, almeno rispetto al suono forse più mainstream (per quanto si possa parlare di mainstream) di “A Way Back”, più in linea con il post-punk revival in voga all’epoca, ma c’è anche la voglia di esplorare correnti che negli anni ‘80 portarono il goth in territori più ballabili, come l’EBM, ma anche il proto-industrial alla Killing Joke, per intenderci. Quanto ha inciso sul risultato finale il lavoro in produzione di Daniele Giustra e Adriano Modica?

Sia musicalmente che per quanto riguarda visione e atmosfere, Under Control è molto vicino ad Anatomy Of A Pain. È invece a livello sonoro che abbiamo puntato in una direzione diversa. Il lavoro di post produzione e mixaggio fatto da Daniele e Adriano ha poi sicuramente dato un’impronta importante al suono del disco. Coinvolgerli è stata una scelta vincente.

A proposito di “A Way Back”, per registrare l’album siete volati in Inghilterra, per la precisione a Liverpool, meta già esplorata durante le session del precedente EP, “Beloved Child”, dove avete lavorato con gente del calibro di Francesco Mellina, Simon Denny, John Withnall, Pat O’Shaughnessy e, soprattutto, David “Yorkie” Palmer, quest’ultimo presente anche nei credits di “Under Control”. Quanto ha influito quell’esperienza sul vostro modo di intendere certe sonorità?

Di certo, lavorare con i professionisti che hai citato è stata un’esperienza, anche se, ad esser sinceri, le sonorità di quel periodo si discostano molto dalla nostra identità. Menzione speciale per Yorkie che è il nostro punto di riferimento per la produzione delle voci.

Continuiamo ad andare a ritroso fino ai vostri esordi. All’epoca, il post-punk revival che caratterizzerà il nuovo millennio non era ancora esploso, eppure voi siete comunque partiti da quell’immaginario lì, chiaro segno di come fosse ben radicato nel vostro dna, a prescindere dalla vostra terra di origine, la Calabria, forse non esattamente il luogo più ricettivo per proporre un certo tipo di musica…

Il post-punk/dark-wave è un genere introspettivo e, per questo, non facile, che non smuove le masse, ancor di più in un periodo in cui non era “in voga” e in un luogo in cui era poco conosciuto. Questo però non ci ha mai fermati, al contrario è stata la spinta in più ad esternare ciò che avevamo dentro. Per noi suonare era ed è una necessità.

Che ricordi avete delle session di “Anatomy Of A Pain”, il vostro primo album?

Anatomy Of A Pain è stata la nostra prima esperienza in studio e il nostro primo approccio con tecnici del suono e studi di registrazione. Per questo motivo, eravamo ovviamente un po’ intimoriti. Alla fine, però, si è rivelato più semplice del previsto e ci ha fatto capire quanto importante e fondamentale sia per qualsiasi musicista fare questa esperienza.

Chiudiamo guardando al futuro, a questo tour che, dopo aver girato mezza Italia, si concluderà di nuovo dalle vostre parti, quasi come un cerchio che si chiude (per ora). Come vi fa sentire tornare on the road per promuovere un nuovo album dopo tutto questo tempo?

Tornare sul palco è la parte che ci entusiasma di più. In fondo, il live è la massima espressione di una band, il canale in cui far confluire energia, espressione artistica e teatralità. E iniziare e finire questa prima parte del tour nella nostra terra è sempre gratificante.

Other Voices – Under Control Tour 2023

1 aprile: LSS Theater, Polistena (RC)
New Album Release Party

7 aprile: Freakout Club, Bologna

15 aprile: Lizard Club, Caserta

22 aprile: Morrison, Sellia Marina (CZ)

6 maggio: Traffic Club, Roma

12 maggio: Garden Pub, Cittanova (RC)

di Francesco Sacco