Dalla rabbia alla leggerezza, i The Zen Circus raccontano come affrontare il lato oscuro dell’uomo attraverso la musica, tra sincerità, energia e libertà creativa.
The Zen Circus: oltre venticinque anni di rock e libertà
Con oltre venticinque anni di carriera, tredici album, migliaia di concerti e collaborazioni internazionali, The Zen Circus sono ormai un punto di riferimento imprescindibile del rock italiano. Nati a Pisa alla fine degli anni ’90, hanno costruito un percorso unico, attraversando generi e linguaggi senza mai perdere la loro identità. Il primo album in italiano, Andate tutti affanculo (2009), ha segnato una svolta: li ha consacrati al grande pubblico e ha portato folk e punk dentro il cantautorato moderno, in un’epoca in cui quel mix era tutt’altro che scontato.
Da allora, ogni lavoro ha allargato i confini del loro pubblico e della loro influenza. Da Canzoni contro la natura a La Terza Guerra Mondiale, fino a Cari fottutissimi amici (2022), realizzato con artisti come Motta, Brunori Sas e Luca Carboni, la band ha continuato a evolversi, a raccontarsi e a raccontare il proprio tempo. Parallelamente ha costruito una comunità viva: tra romanzi “anti-biografici”, instore infuocati e il raduno annuale Villa Inferno, arrivato ormai all’ottava edizione.

“Il Male”: il nuovo album che esplora dolore, rabbia e ironia
Il 26 settembre 2025 gli Zen Circus tornano con Il Male, tredicesimo album in studio pubblicato da Carosello Records. Undici tracce che mettono al centro il Male in tutte le sue forme: dolore, rabbia, frustrazione, ma anche ironia e leggerezza. Un disco crudo e diretto, registrato senza campionamenti né correzioni digitali, in cui ciò che si ascolta è esattamente ciò che è stato suonato e cantato in sala prove. Una scelta di trasparenza artistica che riflette la loro filosofia: non esiste una musica “migliore” di un’altra, esistono solo modi diversi di raccontarla.
Le canzoni affrontano storie e riflessioni profondamente umane. La title track esplora il Male come rimosso collettivo, espulso dalla narrazione pubblica in favore di un Bene artificiale. In Miao Appino riprende dopo nove anni il carteggio con un’amica, tra gatti spaparanzati e riflessioni sul mondo. È solo un momento racconta la solitudine e la difficoltà di prendersi cura di sé, mentre Meglio di niente nasce da un sogno e porta in musica la fragilità dei legami. Novecento combina ironia e tragedia elencando figure del secolo scorso; Caronte ricorda che a volte un po’ di Male può persino servire. In Vecchie troie la band ironizza sulla propria generazione, mentre Un milione di anni immagina archeologi del futuro alle prese con i resti dell’umanità. Brani come Virale e Adesso e qui denunciano superficialità e parole vuote, fino alla chiusura con La fine, una lettera immaginaria che riflette su come anche loro, col tempo, siano diventati parte del Male.
L’album non è solo musica: l’edizione in vinile include la tavola originale Malefico Presente di Enzo Sferra, storico illustratore della rivista satirica Il Male. Un’opera che intreccia allegorie, citazioni dei brani e un approccio irriverente alla critica politico-sociale.
Con Il Male, The Zen Circus confermano la loro capacità di unire energia, testi incisivi e sguardo umano. Invitano a confrontarsi con il lato oscuro della vita senza retorica, ma con sincerità, ironia e passione — come hanno sempre fatto.
Roma, 2 ottobre: mentre fuori si manifesta, dentro si parla di “Il Male”
Ed è proprio da qui che parte la nostra conversazione con la band, nel retro di una libreria romana in un giorno tutt’altro che qualunque.
Il 2 ottobre a Roma non è stato un giorno come tanti.
A seguito dell’intercettazione e del blocco, da parte della marina israeliana, della Global Sumud Flotilla diretta verso Gaza con aiuti umanitari, gli abbordaggi e l’arresto di decine di attivisti internazionali — tra cui quaranta italiani — hanno suscitato indignazione e mobilitato movimenti, sindacati e realtà studentesche. Dopo un primo corteo spontaneo nella notte del 1° ottobre, la protesta si è allargata e organizzata, richiamando decine di migliaia di persone. L’obiettivo: mantenere alta l’attenzione sulla situazione a Gaza e chiedere la liberazione degli attivisti. Le manifestazioni si inseriscono in un clima di crescente mobilitazione nazionale e internazionale.
Giovedì 2 ottobre, dalle 18.30, migliaia di persone si sono riversate in piazza per manifestare a sostegno della Palestina e degli attivisti arrestati al largo della Striscia di Gaza. Secondo la Questura erano più di 10 mila; per gli organizzatori, almeno 50 mila. Un corteo partito dal Colosseo con un messaggio chiaro: non distogliere lo sguardo dalla missione della Global Sumud Flotilla, fermata in acque internazionali davanti a Gaza dalla marina israeliana.
Quindi no, il 2 ottobre 2025 non è stata una giornata semplice né leggera — soprattutto per i romani. Eppure, mentre fuori si riversavano migliaia di persone, un’altra piccola folla si era radunata all’interno della Libreria Feltrinelli di via Appia Nuova. Ad aspettare Andrea Appino, Karim Qqru e Massimiliano “Ufo” Schiavelli, meglio noti come Zen Circus, per la presentazione del nuovo album Il Male.

Noi eravamo lì, alla Feltrinelli, per intervistarli. Quale giorno migliore per parlare del Male con la M maiuscola?
L’ufficio stampa ci avvisa subito: «Scusate ragazzi, gli Zen arrivano. Erano dall’altra parte di Roma per un’altra intervista, faranno un po’ di ritardo».
Chi conosce Roma sa che se una macchina parte da Roma Nord e deve arrivare a Roma Sud , può metterci anche tre ore. Così ci sistemiamo, continuiamo a fare refresh compulsivi sui siti delle agenzie stampa e teniamo d’occhio la situazione fuori: per ora la manifestazione procede pacificamente, senza tensioni né scontri. Il Male, per una volta, non ha la meglio.
Gli Zen arrivano sorprendentemente in anticipo rispetto alle previsioni. Abbiamo solo 15 minuti — che poi, a Roma, diventano 30 — per fare due chiacchiere. Ci ritroviamo così nel “backstage” della Feltrinelli: un magazzino con qualche pila di libri e la zona scarico. L’atmosfera è intima, concentrata.
Avevamo preparato molte domande, ma il tempo è poco. Ci concentriamo allora sul cuore del disco: perché scegliere di mettere al centro del nuovo lavoro il dolore e il lato oscuro dell’uomo?
Gli Zen Circus non hanno esitato. Ci raccontano che l’idea de Il Male è nata quasi naturalmente, alla fine del tour precedente…
Intervista: gli Zen Circus raccontano come nasce “Il Male”
L’idea de Il Male è nata quasi naturalmente, alla fine del tour precedente. Senza un vero piano prestabilito, la band ha iniziato a scrivere nuovi brani e si è accorta che, canzone dopo canzone, la parola “male” tornava continuamente. All’inizio sembrava un caso, quasi un difetto da limare. Poi è diventata il centro gravitazionale dell’intero progetto: un concetto da affrontare di petto.
La title track, Il Male, è nata quasi per caso, ma ha assunto subito un ruolo fondamentale. È un brano che racconta la distruzione e tutte le sfaccettature oscure che attraversano la vita e la società. Come un cubo di Rubik, ogni lato rappresenta un aspetto diverso — intimo, storico, collettivo — e più lo si osserva, più emergono prospettive complesse, mai banali.

Anche il contesto storico ha inciso: dopo la pandemia, il male è diventato qualcosa di tangibile — malattia, fragilità, vulnerabilità. Allo stesso tempo, i social e la cultura della “routine perfetta” hanno diffuso una tendenza opposta: rimuovere o mascherare ogni lato oscuro. Questo contrasto ha spinto la band a esplorare il tema da molte angolazioni: il male nella coppia, nella solitudine, nella società contemporanea, quello interiore e quello storico del Novecento. Alla fine, il “male” attraversa il disco in ogni sua parte, diventando il filo rosso che lega tutto.
Affrontarlo così frontalmente è stato impegnativo anche sul piano emotivo. Raccontare la sofferenza, la fragilità e la malattia in modo concreto non è semplice, così come guardare in faccia le proprie ombre. In un’epoca che tende a rimuovere il buio, scegliere di illuminarlo è un atto intenso e necessario.

Il titolo Il Male si è imposto quasi da sé: la parola tornava ovunque, come se chiedesse spazio. Per la band, rappresenta una realtà multiforme — distruzione, sofferenza personale, memoria storica o condizione collettiva — da affrontare senza filtri.
Anche i sogni hanno avuto un ruolo inatteso nel processo creativo. Non come esperienze individuali, ma come elementi collettivi che attraversano e connettono le persone. È il caso di Meglio di niente, nata da un sogno di Appino che ha trovato subito risonanza nel resto del gruppo.
Dal vivo, gli Zen non vedono l’ora di portare questi brani sul palco. Sono nati direttamente in sala prove, batteria-basso-chitarra, senza tastiere né arrangiamenti complessi: hanno una verità immediata che difficilmente si può replicare in studio. «È un ritorno a un modo di scrivere e suonare che non facevamo da vent’anni», raccontano.

Infine, la scelta di registrare senza campionamenti, correzioni sul tempo o intonazioni digitali è una dichiarazione d’intenti: non per superiorità morale, ma per trasparenza. Niente artifici, solo suoni naturali e luce “dal vivo”, per far emergere l’anima delle canzoni e preservarne l’energia originaria.

Finito il tempo a disposizione, gli Zen devono salire sul piccolo palco della Feltrinelli per il talk con i fan e suonare due brani. Appino sta già accordando la chitarra, ma riesco a fargli ancora una domanda al volo:
— Se non foste musicisti, cosa fareste?
Ufo non ha dubbi: «L’oste. O il potatore di ulivi».
Karim ci pensa un attimo: «Il dottore».
Appino sorride, senza esitazioni: «Il musicista. Da quando avevo nove anni ho sempre voluto fare questo lavoro».