Ministri, Fidatevi Tour, data zero.
Potremmo dire che il tour dei Ministri è iniziato il 9 marzo 2018, con l’uscita di Fidatevi, sesto album studio della band.
La data zero scelta per il tour è il 06 Aprile 2018, Bologna, Estragon Club, palco ormai familiare a quei ragazzi in giacche napoleoniche.
Arrivo all’Estragon in buona compagnia (non è vero, frequento solo cattive compagnie) e come da tradizione si bevono birrette al chiosco del parcheggio in attesa dell’ora del lancio. In biglietteria come al solito becco Marco che mi “insulta” perché ho le “bazze per entrare” e poi fa, giustamente, dell’ironia sullo “stampa” del mio accredito stampa. Dilettanti allo sbaraglio.
Dalla fila per l’ingresso fino all’interno del locale vedo che la composizione del pubblico dei Ministri è in continuo aggiornamento, segno che la band oltre a mantenere i suoi fedelissimi raccoglie sempre nuove giovani adesioni, elisir di lunga vita.
L’aria è piena di quel bel chiacchiericcio leggero che percorre una platea in attesa dell’inizio dell’opera.
Ci mettiamo in postazione centrale, a braccetto col fonico.
Sul palco è ancora buio pesto quando la voce di Divi aka Davide Auteliano inizia a sussurrare, accompagnata dal battito cardiaco della batteria di Michele (Michelino) Esposito, “Gli altri apostoli non l’hanno presa bene, ora son tutti in fila per tradire”, poi, assieme alle luci, si accende anche la chitarra di Federico Dragogna.
Spettri è il terzo brano di Fidatevi, ma primo pezzo di questo tour, che già ne chiarisce l’indirizzo: meno rabbia, più consapevolezza, sul palco ma anche nella platea; i Ministri hanno messo un punto, vogliono raccontarci come, e come sono ripartiti da lì in poi.
Sebbene il disco abbia fatto il suo ingresso in società da poche settimane, il pubblico l’ha già fatto suo, cantano davvero tutti. Crateri è una sferzata per l’animo, racconta della presa di coscienza, di asciugare occhi e fronte scacciando poi via la polvere dai vestiti per rimboccarsi le maniche, tirare su la testa e ripartire. A ricordarci che convivere con la nostra umanità ci costringe a far fronte non solo a demoni interiori ma anche a sbattimenti e trappole quotidiane, attacca Comunque: brano del 2013 ma ancora attualissimo, forse di protesta si, che manda a quel paese il qualunquismo e perbenismo maledizione della nostra società, della politica, del nostro lavoro… ma non è una protesta immobile, sterile e fine a se stessa, anzi: il passato è quello che è, ma oggi sarà il passato di domani, e per quanto potrà essere insignificante “tanto vale provarci comunque”.
Immaginando la scaletta di un concerto come una conversazione tra due persone, la risposta perfetta è Idioti: come altro canteresti con rassegnata soddisfazione/incazzatura di quelli che anziché provarci comunque decidono di vivere a braccia conserte, senza far niente, al massimo godendo o sperando nel soccombere altrui a favore della propria sopravvivenza?
Un urlo contro il male del mondo presente passato e futuro, un richiamo a chi vive senza sogni, senza cuore, senza dolore e senza colore.
Tra i ragazzi che stanno sul palco e quelli che stanno sotto sembra non esserci davvero nessuna distanza: sembra di essere ad un dibattito, una conversazione, la comunicazione tra palco e platea è palpabile, i sentimenti pienamente condivisi , come quando in una serata tra amici davanti a una birra si finisce a fare un po’ i malinconici e un po’ i cinici/polemici.
E pare che di idioti a cui urlare questa canzone ne avremmo tutti in mente parecchi. Ecco una certezza dei concerti dei Ministri: la loro musica arriva dritta al petto di chi li ascolta, senza misteri né autocelebrazioni, che ti ritrovi a pensare”questo potrei averlo detto io”.
Usami tira un po’ le somme di tutto quello detto fino a quel momento: non vergognarti di essere una persona che ancora ci crede, inciampa, si incazza, si innamora: tu se vuoi “usami”, fa’ quello ti pare, ma poi non farti più vedere.
Le note malinconiche di Un dio da scegliere ci abbracciano tutti con la forza di un fratello o una sorella maggiore: ci sentiamo meno stupidi e meno soli mentre, per usare le parole di Federico Dragogna, cerchiamo nelle tenebre solo la sagoma, o la verità, di un complice, che non ci debba mai difendere. E’ “credere di credere”, in quei momenti in cui senti salire un groppo in gola per poi accorgerti che, in realtà, è sempre stato là.
Divi si lascia andare ad un po’ di malinconia di quella bella, di chi non ha dimenticato cosa vuol dire essere all’inizio, e racconta un po’ dei loro esordi, dei primi palchi calcati a Bologna, citando due perle della musica alternativa ed emergente della città, rampe di lancio per molti, anche per i Ministri: il Covo Club (e qui mi si allarga un gran sorriso orgoglioso sulla faccia) e il Locomotiv Club.
E’ il preludio alla diapositiva dei loro esordi che ci viene mostrata in seguito, come fanno le mamme con i fidanzati e le fidanzate dei loro figli: un viaggio al tempo di I soldi sono finiti con Non mi conviene puntare in alto.
In un mondo di gente che ama complicarsi l’esistenza per il solo gusto di farlo, senza poi complicarsela veramente nel giusto senso, A dire il vero io volevo solo stare bene.
“Fidatevi” è l’incoraggiamento, il tema dell’album, a volte però la forza per trovare la fiducia viene meno, manca, come manca la stampella ad uno zoppo, e ci si chiede “come si fa a restare per sempre al sicuro, a fidarsi e poi fidarsi di nuovo?”, mentre Memoria Breve riempie l’Estragon.
Siamo tutti rotti, compromessi, dei giocattoli che dopo poco essere stati scartati si rivelano difettosi, si ritrovano lasciati lì in mezzo agli altri, Tra Le vite degli altri.
A questo punto non poteva mancare un bel coro da stadio per Michelino, grande classico che fa sempre ridere noi e questi ragazzi di Milano che come al solito non si tirano indietro dagli scherzi, perché se c’è una cosa che non hanno mai smesso di essere è, come diremmo a Bologna, dei “gran bravi regaz”.
La musica riparte con un altro salto nel tempo, anzi nei Tempi Bui , con Il bel canto e Tempi Bui: non so se sono io o anche gli altri, ma questo pezzo fa riflettere non solo su se stessi, ma anche agli sugli altri, alle volte che qualcuno ci ha detto “veramente vivo in tempi bui, e non è per rovinarti il pranzo” , e magari non abbiamo capito o non gli abbiamo creduto.
Divi a questo punto prende parola, e tutto quello che dice sui concerti si può riassumere in questa sua frase :
“ I concerti finiscono ma la musica continua, ci sono le canzoni ma ci sono delle vite dentro le canzoni, vite che continuano, ricordatevelo sempre, cercate le vite dentro le canzoni”
Dimmi che cosa è il giusto modo per ricordarcelo e ricordarci di fidarci, ancora.
Mentre i ragazzi sul palco fanno una pausa colgo l’occasione per scambiare una chiacchiera con una giovanissima (più giovane di me di un pochetto, quindi giovanissima) che ho conosciuto al concerto che è felicissima, carichissima, piena di vita, e continua a ripeterlo; l’ennesima prova, insieme agli altri live cui ho partecipato, di quello che i Ministri comunicano dal palco: energia e unione, in un flusso diretto dal palco allo spettatore , e questo è innegabile.
In chiusura, un quintetto da paura: Fidatevi, title track frenetica e ironica dell’album, e la gente inizia a non tenersi più. Inizia un’isteria collettiva che prosegue con Noi Fuori, e l’outsider dentro ognuno dei presenti sgomita proprio fuori con un sussulto d’orgoglio.
E poi finalmente eccolo là, il tanto atteso momento di morire dentro, di quella malinconia bella che può finalmente sconfinare nella tristezza, pensando a ciò che non si ha più, o che forse non si è mai avuto, e che ogni volta che ci pensi sembra tu te ne renda conto per la prima volta: Una Palude.
La scossa finale, il risveglio, prendono forma nelle parole di Divi “Facciamo esplodere tutto” e nelle note dei Ministri con Diritto al Tetto e Abituarsi alla fine.
Finale coi botti, dunque, degno di un live e di una scaletta perfetti, comunicativi, sinceri e diretti come sempre, molto chiari nel loro intento e nel loro racconto: il bel mezzo di un percorso, il raggiungimento di una consapevolezza più adulta, raggiunti a suon di vita, coi suoi abbracci e i suoi pali in faccia, che in tutto il suo splendorrore non deve mai toglierci l’istinto di fidarci, dell’oggi, del qui, di adesso.
Mi avvio, al contrario di quello che potreste pensare, verso l’entrata posteriore in attesa del secondo atto: il backstage.
Il backstage dei Ministri è come loro: amici, casino, birra, risate. Mi accolgono come se fossi un’amica di vecchia data che non vedono da tempo, con immancabili baci sulle guance all’italiana.
Il mio occhio cade subito su una giacca da Ministro abbandonata su uno dei tavolini, la immortalo subito.
Il povero Federico Dragogna è tornato dal camerino da meno di un minuto che io sono già pronta col telefono/registratore in mano, a chiedergli se posso fargli qualche domanda, perché definirla intervista mi sembrava quantomeno arrogante, dal momento che è improvvisata. “Certamente, tutte le domande che vuoi, però sediamoci perché sto per svenire” , risponde Federico.
Seduti nel camerino circondati da tantissime chiacchiere:
Allora com’è andata questa data zero, aldilà del dramma delle magliette con lo squalo finite?? Direi che Bologna si è fidata, come ha detto il tuo compare Divi e a giudicare da questa serata, ma voi? Voi vi fidate?
Beh la data zero direi che è andata molto bene, altrimenti non sarei qui a parlare con te no? Divi sicuramente a un certo punto si è fidato, ha fatto un salto da una distanza tale che ho detto adesso finisce male, lì devi fidarti veramente delle persone che ci sono sotto, e delle tue capacità motorie anche. Ma quella poi è l’adrenalina del live, l’adrenalina è una roba davvero assurda, una droga, che sarà poi quella stessa che stasera ci farà andare a letto alle 5.. può essere anche pericolosa, può rovinare le relazioni, ma diciamo che dopo tutti questi anni abbiamo iniziato ad imparare come “portar fuori il cane”. Dalla nostra parte è stato molto bello comunque, c’era una bellissima energia, spero che sia stato così anche dall’altra parte. Ma che cosè questo CSI per cui fai il report?
CSI sta per Casa Suonatori Indipendenti, è un magazine on-line che tratta di musica, di recensioni di dischi e report di concerti. Comunque anche dall’altra parte, dal pubblico, è andata molto bene, per quel che mi riguarda. E’ uno scambio di energie pazzesco ai vostri concerti, e si sente davvero tanto che siete prima di tutto una band. A volte capita di vedere band che non sono band ma sono “tizio” con qualcuno che gli suona intorno, e non è il massimo. Nel vostro caso per fortuna non è così, siete davvero “i” Ministri. Sbaglio?
Non sbagli. Nel nostro gruppo ognuno ha il suo ruolo si, ma tutti fanno tutto. Siamo una famiglia ma non proprio, siamo amici che sono diventati una famiglia, e decidiamo tutto insieme, come una famiglia. Ci sono anche gli scazzi ovviamente ma ci conosciamo da talmente tanti anni che anche quelli fanno parte del nostro equilibrio.
Tu sei, oltre che il chitarrista, il paroliere dei Ministri , non di tutti i pezzi ma di una buona fetta. Da cosa nascono il tema e le linee di questo ultimo album?
Nascono da un periodo di merda, si si. Da un anno di grandi “remi in faccia”, chiamiamoli così, un anno di grandi scoperte, difficoltoso ma non in un senso assoluto, in senso relativo. Ho avuto un’accelerata dal punto di vista della mia educazione sentimentale, quel tipo di accelerata che forse uno dovrebbe avere intorno ai 25-26 anni, e invece io l’ho avuta tardi, complice forse anche questo lavoro…e questa cosa però mi ha spalancato una visione su di me e sul mondo attorno, su come esso può aver condizionato le mie scelte e i miei errori, la società e questo sistema in cui viviamo insomma. Non con questo volendo togliere colpa o responsabilità a me stesso, ma dicendo: “guarda come sto pensando, guarda come sto agendo, guarda come mi sto perdendo le cose importanti, anche se lo so che le sto perdendo? Che meccanismi mi stanno attraversando? Che cosa desidero?
Si potrebbe dire che nel tuo mazzo hai dovuto cercare una chiave di lettura, o meglio di apertura, un po’ diversa da quella che avevi usato fino a quel momento?
Esattamente. Però diciamo che per rendermi conto che stavo sbagliando chiave ho dovuto proprio prendere la porta in faccia ecco. Calza a pennello il tuo esempio, in effetti. Poi sono stato steso sul pavimento un po’, un bel po’, e in quel po’ ho scritto un po’ di canzoni. Tutto questo con di fianco loro (indica i suoi compagni di palco e di musica) , trovandoci ogni giorno a buttare giù le canzoni ecc, e questa è stata anche una grande lezione di amicizia, non che ce ne fosse troppo bisogno tra di noi, però è stato bello poter parlare a loro a voce di quello che mi stava succedendo ma non solo, parlargliene anche con le canzoni . Ricordo quando gli ho fatto sentire “Crateri”, a fine pezzo mi hanno guardato tutti con l’aria di chi ha capito dicendo “oh, oh, ookay”. Nel momento brutto, questo è stato bello.
Grazie Federico.
Grazie Chiara. Beviamo una birra.
Mi pare giusto.