Nata in un villaggio della Siberia di nome Tuva, studiosa delle tradizioni e dello sciamanesimo, Sainkho Namtchylak è conosciuta oggi come la sacerdotessa orientale del canto.
Giovedì scorso, nell’ambito dello Urban Tribe, si è esibita al TAG, Tevere Art Gallery, ex capannone industriale adibito a galleria d’arte fotografica con giardino affacciato sul Tevere che ospita, solitamente, esposizioni permanenti e concerti. Sainkho Namtchylak non era sola: con lei Mauro Tiberi (basso, voce ed elettronica LoFi) e Amptek Alex Marenga (synth, augmented guitars e drum machine).
Sainkho Namtchylak usa la sua voce come strumento assoluto: un timbro inconfondibilmente unico. Un’estensione che va dal profondo, al vibrato, all’acuto e in mezzo tutte le loro sfumature, senza farsi mancare la doppia emissione di toni. La sua esibizione prevede strumenti tradizionali che si evolvono e fondono, in un crescendo, con synth e drum machine, per dar luce a una sorte di etno-elettronica, elementi etnici spinti nella modernità.
Ascoltare Sainkho, il cui ultimo album risale al 2016 (Like A Bird Or Spirit, Not A Face) non è sempre “confortevole”: si va da una voce da usignolo a urlati, da toni bassissimi ad altri striduli. È proprio questo che la rende così affascinante: questo mondo di suoni totali, offerti con sequenza ricercata, ma che ti lasciano di stucco, spiazzato, quasi disorientato. Lei sostiene, nel senso che cerca di dimostrare, che non esistono incompatibilità nella musica, che essa sia un continuo tra il passato e il futuro.
Questo messaggio Sainkho lo rivolge soprattutto ai giovani: la musica non ha limiti, non può stare rinchiusa in un’etichetta o in un’altra. E molti erano quelli di fresca età nell’intimo ambiente del TAG, dato che non davo per niente per scontato. La maggior parte del pubblico, caratterizzato da un qualcosa da film di Virzì (con rispettosa ironia, un modo leggero e veloce di descrivere), aveva un’età medio-alta ed è rimasto per tutto il tempo rapito da questa dimensione totalmente creata da una voce che sobbalza e improvvisa.
Sainkho spazia dalle sonorità appartenenti alle sue origini, l’impronta orientale, di derivazione sciamanica per arrivare a esprimersi a colpi di elettronica, ma tutto questo sempre con grande delicatezza evocativa.
Questo passaggio dallo sciamanesimo siberiano alla moderna musica elettronica, nella serata al TAG, è accompagnato dal basso di Mauro Tiberi e dai bpm di Amptek. Tiberi è bassista, polistrumentista, direttore del gruppo vocale Kairos Ensemble, collabora in modo stabile con Sainkho, è un ricercatore e uno studioso, praticante di canto difonico, di canto bizantino e indiano, organizza concerti e forma gruppi di studio di musica, di filosofia e di tecniche vocali per lo sviluppo psicofisico della persona.
Alex Marenga aka Amptek è musicista e produttore, promotore della musica elettronica tramite il progetto Entropia e l’etichetta Eclectic Productions.
Partecipare a un live di Sainkho è una sorta di corsa sfrenata, una discesa fra varietà di timbri e di estensione, sempre e solo lei può essere un monaco tibetano o un usignolo spensierato, un percorso che però tiene sempre come bussola la radice asiatica del canto.
L’artista rappresenta una delle voci femminili più eclettiche e pregiate della scena attuale, una voce che combina la dote naturale a uno studio continuo, disciplinato e approfondito (canto xöömej o tuvan throat singing). Da tanti considerata, purtroppo, semisconosciuta, anche per scelte non sempre coraggiose e lavorate di sovente in modo non impeccabile, da tutti identificata come la traghettatrice dall’esterno all’interno del creato, tra mondo occidentale e orientale.
di Francescamaria Aiello foto Davide Canali