Sul bus che mi porta verso il Monk per Bombino, la maggior parte dei passeggeri deve raggiungere la mia medesima destinazione. Si respira già qui aria di festa e si scorgono sorrisi. Scendiamo alla fermata e ci rechiamo verso il giardino del locale, dove sta prendendo luogo la celebrazione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2018. L’evento è parte del programma di Villa Ada incontra il Mondo, festival che ha subito un cambio di location dal parco al circolo Arci.
Sul palco, in apertura a Bombino, si sta già esibendo Sandro Joyeux, il musicista che abita il mondo, l’artista errante italo-francese, che tra un viaggio e uno spostamento si ferma per regalare al pubblico il suo mai saturo bagaglio culturale. Così, il ritmo del beat africano avvolge e coinvolge le persone che lo ascoltano e si tocca con mano l’atmosfera allegra.
Tra i vari che tengono il ritmo della musica, mi fermo a parlare con 3 ragazzi dell’UNHCR Italia: due ragazze che si occupano di comunicazione e un ragazzo nigeriano che si occupa di database.
In modo simpatico ed ironico, ma anche esaustivo, rispondono alle mie curiosità sul loro operato nell’Agenzia ONU per i rifugiati e su come si compie il lavoro che sta dietro a eventi del genere, importantissimi per ricordare e per sensibilizzare l’opinione pubblica su quei milioni di individui che sono costretti a scappare, ad abbandonare contro la loro volontà la propria terra, perché vittime di violenze, guerre e persecuzioni. Dopo l’esibizione di Sandro Joyeux, sul palco si alternano prima i portavoce dell’evento e dell’UNHCR, i quali appunto spiegano la rilevanza, oggi più che mai, del celebrare questa ricorrenza e a seguire un tenero gruppetto di piccoli cantanti.
Poi il pubblico si entusiasma e inizia a incitare all’uscita il pezzo forte della serata, Goumar Almoctar aka Bombino.
All’ennesimo scandire di “Bom-bi-no, Bom-bi-no”, eccolo prendere la scena. Dilungarsi su tecnicismi o frasi di critica sarebbe davvero superfluo: è semplicemente un monumento del blues. Mi soffermo a guardare il pubblico sempre più coinvolto, felice e in estasi, in un crescendo che potrebbe non fermarsi. Delizia i nostri timpani, si scatena con i suoi musicisti, incanta con le sue movenze e i suoi versi in tamashek. Con un gran sorriso ci congeda che siamo tutti gongolanti e soddisfatti.
Serata ben riuscita e gradevole, nonostante le difficoltà organizzative preconcerto, sulle quali non mi pronuncio, essendo già il materiale a riguardo di dominio pubblico e consultabile da tutti.
Posso però affermare con certezza che tali impedimenti non sono emersi per nulla nel corso dell’evento, non sono stati neanche lontanamente protagonisti, anzi, credo che la maggior parte di partecipanti abbia del tutto rimosso che la location non fosse quella iniziale, un particolare che, al massimo, sarà emerso solo e unicamente quando abbiamo percorso una strada invece che un’altra per arrivare a destinazione.
Quindi lodevoli il lavoro e lo sforzo dell’organizzazione. In fondo l’unica cosa importante è che la musica possa suonare sempre, comunque, ancora. Senza ostacoli.