Avevo conosciuto Gabriella Martinelli durante una delle serate live di Kahbum La Serie al Lanificio.
Così quando ho saputo che Gabriella Martinelli suonava al Monk per presentare il suo nuovo disco ho deciso di fare un salto.
“La pancia è un cervello col buco” è il secondo disco dell’artista pugliese. 8 tracce registrate in presa diretta, dal sound minimale ma deciso, che raccontano storie di donne.
In questo disco parlo del coraggio, dell’amore per la mia terra, della fantasia. Ho scelto delle donne presentare tutto questo”
Inizia così il concerto della Martinelli, mentre fuori dal locale il tramonto di Roma ci dice che le giornate si stanno allungando. I bambini ancora giocano all’aperto negli spazi del Monk come da copione nelle domeniche di primavera. L’estate sta arrivando e poco poco Gabriella ci porta verso Sud quasi volesse accompagnare il pubblico verso la bella stagione.
Lo spettacolo è studiato bene e Gabriella ha una forte presenza scenica. Fonde insieme estro teatrale e una voce importante. Tiene bene il palco sia in versione essenziale (voce e uku-basso) sia con la full band, passando da pezzi cantautoriali classici al folk con venature di blues e soul. Il sound della Martinelli rispecchia la sua personalità eclettica e la musica sembra avere il giusto groove per fare da colonna sonora alle sue storie cantate.
Buona la prima, anche se sarebbe stato meglio avere un pubblico in piedi invece che seduto. Lo spettacolo dell’artista tarantina è fatto per muoversi e limitare i presenti sulle sedie mi è sembrata una cattiveria. Ma il pubblico sembra comunque aver apprezzato.
Altro aspetto un po’ critico è legato al fatto che, con tutti questi generi musicali e stili nello stesso set, si è persa un po’ l’essenza del disco. Immagino che Gabriella l’abbia fatto apposta per (ri) presentare se stessa e tutta la sua complessità artistica. Ma in questo modo l’identità del disco è venuta meno e, almeno secondo me, nei release dei nuovi progetti si dovrebbe puntare maggiormente sull’identità del progetto stesso.
Bellissimo l’omaggio a Pierangelo Bertoli come chiusura: a Muso duro è una canzone bellissima e la sua interpretazione è stata eccellente.
Ma adesso basta parole. Lascio spazio alla gallery con gli scatti di Davide Canali.