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|Interview| Federico Fabi ci parla del suo nuovo album: C’eravamo quasi

Raccontaci un po’ del tuo nuovo singolo, dal nome poco convenzionale, “Il raffreddore è bello perché me lo hai attaccato tu”; come è nato? Di cosa parla?

 Era una delle prime sere che uscivo con Benedetta. La riaccompagno a casa, ci fermiamo in macchina davanti al suo portone e lei fa per darmi un bacio. Io, tanto raffreddato quanto premuroso le dico di non farlo per evitare di contaminarla con i miei simpatici bacilli.

Lei non ascolta, mi bacia e dice ‘Il raffreddore è bello perché me l’hai attaccato tu‘. Il giorno dopo ho scritto il ritornello della canzone di cui stiamo parlando. Il titolo poi è perfetto, mi ricorda molto l’estetica degli Smiths.

Abbiamo intervistato Federico Fabi per parlare del suo ultimo lavoro, “C’eravamo quasi”.

Il tuo primo lavoro, “Io e me x sempre”, è uscito ormai diversi anni fa; cosa dobbiamo aspettarci dal tuo nuovo album, “Ceravamo quasi”? È cambiato qualcosa in te e nel tuo modo di fare musica da quel momento?

 Molte cose più che cambiate si sono evolute. La scrittura è più impegnata, anche se resta sempre nascosta sotto la maschera della leggerezza. La sfida, che credo di aver vinto, è stata vestire con eleganza la mia essenza grezza e indisciplinata. Ora ha tutto un aspetto più ordinato, meno amatoriale.

Anche a livello di grafiche e di immagine c’è stato un cambiamento piuttosto evidente: su cosa è basato questo rinnovamento?

 Il cambiamento in questo è stato più evidente. Ho abbandonato il sogno di essere il Liam Gallagher italiano e ho cercato di essere me stesso il più possibile.

Ciò che ho appena detto è una cazzata: credo fortemente nell’emulazione, nel copiare, anzi nel rubare e poi mescolare e ricreare. L’originalità sta nel farlo con stile, con nonchalance. Le cose forzate sono noiose, stuccano.

Come è nata la collaborazione con Matteo Domenichelli? In che modo ha arricchito le tue nuove canzoni ed il tuo lavoro?

Matteo è stato fondamentale. È lui che ha permesso di fare tutto ciò che ho spiegato nella seconda domanda. Lui conosce la musica, è polistrumentista, fa tutto. Seconde me suona pure la cornamusa e ancora non lo so. No, seriamente, è un genio e oltre ad essere già uno dei più bravi musicisti italiani è anche uno dei migliori produttori.

C’é qualcosa nello specifico che ti stimola a livello artistico o che ispira la tua scrittura? Come si sviluppa il tuo processo creativo?

 Parto sempre dal titolo. Il titolo è lo schizzo su cui poter dipingere il quadro.

Come è nata la tua passione per la musica? Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali?

Nasce dai miei genitori. Mamma ha un’anima rock, innamorata da sempre di Jim Morrison, papà invece è più borghese, lui mi ha trasmesso la passione per il cantautorato italiano.

I miei punti di riferimento sono tanti. Ho un fetish per i Beatles, a volte quando li ascolto poi vado da qualche amico a dire ‘ma ti rendi conto che cazzo di geni che sono stati!’ e succede ogni due mesi, più o meno. E gli Oasis, vabbè gli Oasis lo sappiamo.

Poi italiana tanto De Gregori, Vecchioni, Battisti, la scrittura di Califano e tutti gli altri. Tranne Silvestri, Fabi, Gazzè e tutta quella cricca. Loro non mi piacciono.

Artisticamente parlando, come hai vissuto la quarantena e gli ultimi mesi? Se tutto tornasse improvvisamente normale, quale sarebbe la prima cosa che faresti?

 Chiedilo al mio farmacista come ho vissuto questi ultimi mesi… Se tutto tornasse normale, prenderei la chitarra andrei in centro, berrei tutto, abbraccerei tutti. Baci e abbracci baci e abbracci. 

di Lucrezia Lauteri