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|Interview| Five Tons of Flax: cinque tonnellate di lino in musica

Abbiamo intervistato Five Tons of Flax, in occasione del nuovo album: Lucid Dream Abduction.

Ciao, partiamo con la prima domanda… Ci racconti l’origine del vostro nome d’arte Five Tons of Flax e della vostra carriera artistica?

Il progetto è nato dalla necessità di fare musica in assoluta autonomia, senza problemi o vincoli con altre persone.

Verso il 2010 ho vissuto lo scioglimento di due progetti in cui suonavo, dopo tante canzoni condivise con loro, la prospettiva di rifare tutto da capo con altre persone mi urtava molto, e nel frattempo avevo iniziato a fare le mie prime registrazioni casalinghe.

Ho iniziato a prenderci gusto, quindi ho continuato a perfezionarmi sempre di più, intraprendere questo percorso vuol dire fare tanti tentativi, sentendosi sempre l’ultimo dei producer decenti.

Il nome è la citazione del Principia Discordia, libro “sacro” del Discordianesimo, una religione parodistica nata negli anni Settanta il cui principio divino è il Caos personificato nella figura di Eris, dea greca della Discordia.

Five Tons of Flax (cinque tonnellate di lino) è la metafora che racchiude la religione, traendola da un racconto zen in cui un allievo chiede al suo maestro cosa sia lo Zen e il maestro risponde “una libbra di lino”.

Quando ho letto questo libro è stata una specie di rivelazione, non tanto perché l’ho presa troppo sul serio: è severamente vietato prendere sul serio il Discordianesimo, ed è ribadito in molti punti del libro!

L’immagine di un’enorme montagna di lino pesante cinque tonnellate l’ho sempre interpretata come una metafora di infinite possibilità.

Nel vostro disco c’è molta sperimentazione, secondo voi è la parte più importante del processo creativo di un artista?

Sicuramente. Senza sperimentazione non si aggiunge niente a ciò che hanno fatto altri, qualsiasi genere si faccia.

Quando si suona è normale attingere, anche solo inconsciamente, dal proprio bagaglio culturale, non c’è niente di male, anche perché lo facevano i mostri sacri del rock e della musica, figuriamoci noi.

La sperimentazione permette di mescolare il proprio retaggio per generare nuove sonorità, rendendole uniche, o quantomeno personali.

Partecipereste mai ad un talent show?

Non credo, per tre motivi principali: innanzi tutto non mi sembra sia ben accetta la sperimentazione di cui sopra nei talent show; secondo poi l’idea di dover diventare di fatto un prodotto di consumo modellato a immagine e somiglianza del mercato (per poi essere scartato quando ritenuto superato o non riciclabile) non è una prospettiva allettante.

Infine, non ci piace l’idea di dover competere con qualcuno per fare musica, è quanto di più deleterio ci possa essere per i musicisti stessi, senza contare che suoni qualcosa che viene “confezionato” da altri, e nonostante sia la prassi lo trovo comunque avvilente!

Con chi vi piacerebbe collaborare?

Partendo dai più inarrivabili direi Josh Homme dei Queens of the Stone Age, ma anche Rosalie Cunningham, ex cantante dei Purson adesso solista, poi un nostro pezzo remixato dai 65daysofstatic o Moderat sarebbe il massimo.

Del panorama italiano sarebbe bello collaborare con gli Aucan, i Mariposa, gli Appaloosa, Paolo Benvegnù e Xabier Iriondo degli Afterhours (ci accontentiamo anche degli Afterhours al completo!).

Parlateci del vostro ultimo album. Com’è nato?

All’inizio era un ammasso di idee registrate da entrambi verso il 2016 durante la realizzazione di 7, il nostro disco precedente, anche se ancora prima erano nati An Autumn Day in Tokyo, scritto ed arrangiato con Fabrizio Scariolo, e Minimal Mass, nata da una sessione di Matteo alle tastiere e alla drum machine.

All’inizio doveva essere un disco totalmente strumentale, ma in alcuni pezzi si sentiva troppo la mancanza di una linea vocale, quindi Vincenzo ha lavorato ad alcuni testi con il metodo del cut-up, tradotto poi in inglese.

Il concept dell’album è legato all’esperienza del sogno lucido.

Ci sono alcuni video su Youtube sulle frequenze bineurali, che sono due frequenze differenti che, una volta ascoltate in cuffia, producono dei risultati che possono variare a seconda della fantasia di chi fa questi video: alcuni sostengono addirittura di poter curare le malattie, aprire chakra, indurre al sogno lucido, viaggi astrali ed altre cose molto New Age.

Per quanto ci riguarda, noi le usiamo solo ed esclusivamente perchè le troviamo rilassanti, non crediamo che un video su YouTube possa avere degli effetti così radicali sulle persone.

L’idea dell’induzione al sogno lucido tramite le frequenze ha fatto nascere il concetto dell’adduzione tramite la musica.

Abbiamo immaginato un sogno che mette a nudo come vediamo la realtà che ci circonda e quanto interiorizziamo inconsciamente i problemi, le informazioni e le notizie che subiamo giornalmente, di come tutto questo confonda e violi troppo facilmente il confine tra l’ individuo e il resto del mondo.

Questo pensiero ha fatto nascere l’idea dell’unione tra sonorità apparentemente inconciliabili (stoner/alternative rock con l’ elettronica) e la scelta di testi surreali: è una rappresentazione dell’assurdo che viviamo giornalmente, alimentato dalla paura di ciò che non capiamo.

Ringraziate chi volete, noi ovviamente ringraziamo voi per la disponibilità.

Noi ringraziamo voi, Stefano Vendramin e l’Analogico Studio di Como per il mastering, Sara Fornì per la copertina del disco, Daniele Marturano e Fabrizio Scariolo per le collaborazioni fatte nel disco, Lorenzo D’Antoni e l’ufficio stampa Tri Tubba, le nostre famiglie e gli amici che ci stanno seguendo online ed offline!