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|Interview| Il ritorno di Giovanni Carnazza

In distribuzione Artist First,Ho paura del giorno (AM)” è il nuovo singolo di Giovanni Carnazza.

Giovanni Carnazza è un cantautore e produttore romano, che timidamente riaffora nella scena musicale underground dopo un lungo periodo di assenza.

Producer, discografico e inevitabilmente cantautore, Carnazza ci regala una canzone che lo ha salvato in un periodo buio. Gli ingredienti? Un beat di “Do I wanna know” degli Arctic Monkeys, i legami umani, anche quelli che si sono spezzati e un piccolo riscatto. 

Consapevoli della rarità di questo ritorno, lo abbiamo intervistato.

 Come mai hai sentito l’esigenza di riportare questo brano in una nuova veste? E che cosa è successo dalla prima pubblicazione?

Ho paura del giorno è forse uno dei brani a cui sono più legato. L’ho scritta in un momento particolarmente difficile e il messaggio di base – che i legami con le persone a cui vogliamo bene sono ciò che ci rendono ancorati alla realtà – ha rappresentato per me una consapevolezza importante per poter affrontare quella fase.

I periodi difficili, si sa, sono ciclici e, messo nuovamente alla prova, ho deciso di affidarmi ancora una volta a queste parole in una veste diversa, più energica, che simboleggiasse in qualche modo la mia trasformazione musicale – ma anche personale – avvenuta nel corso di questo periodo.

Dalla prima pubblicazione è successo tanto. Ho vissuto gli alti e bassi del modo musicale fino ad un completo rifiuto del mondo discografico che mi ha portato a chiudere improvvisamente tutto ciò che mi teneva legato.

La musica però è sempre stata un’ancora di salvezza e, dopo una lunga assenza, ho deciso di riaffacciarmi in punta di piedi, senza troppe pretese. Una volta scrollata di dosso tutta la sovrastruttura che questo mondo ti impone, riesci a trovare soddisfazione anche nell’arrivare all’ascolto di una sola persona.

E a cos’è dovuto il tuo periodo di assenza? Questo singolo è un segnale che forse sta succedendo qualcosa di nuovo? Un disco?

Ho anticipato un po’ a cosa è stato dovuto il mio periodo di assenza. Non ne vado fiero e mi dispiace per le persone che sono state condizionate dal mio “ritiro”. Gestivo una piccola etichetta discografica indipendente (Le Siepi Dischi) ed il mio passo indietro ha segnato un po’ la fine di un progetto discografico per me importante.

Purtroppo, si parla troppo poco spesso delle logiche tossiche e malate di questo mondo. Dall’esterno sembra tutto rosa e fiori. Dall’interno, invece, le pressioni sono tante ed è facile sentirsi schiacciati.

Questo singolo è, innanzitutto, un segnale per me. Un modo per ricordarmi da dove sono partito e cosa vorrei comunicare da adesso in poi: la bellezza di fare musica senza aspettative, trasmettendo soltanto la propria esigenza espressiva. Un disco è pronto ma vorrei farlo conoscere un singolo alla volta, dando la giusta importanza a ogni pezzo senza doverlo necessariamente racchiudere in un lavoro compiuto.

Alla fine, ciò che siamo cambia in ogni momento e, inevitabilmente, questo si rispecchia nel nostro modo di fare musica. In questo momento, camminare un brano alla volta è ciò che rappresenta pienamente la mia concezione del vivere e fare musica.

 Che legame hai con Roma e con ciò che ci sta succedendo musicalmente? Qualche nome che dovremmo assolutamente segnare?

Con Roma non ho un grande legame. È una città che non amo particolarmente, in cui sono nato e cresciuto e probabilmente continuerò a vivere per forza di cose. In relazione alla musica, l’ho sempre trovata una città molto autoreferenziale, poco aperta al cambiamento e alla voglia di scoprire progetti nuovi.

Tra gli emergenti, Martina è sicuramente una delle voci e sonorità che preferisco. Seguita dall’etichetta Luppolo Dischi, di matrice romana, penso che farà molto parlare di sé nel futuro.

La scelta di usare un sample di “Do I Wanna Know?” Degli Arctic Monkeys, a cosa invece è dovuta? Com’è successo?

Nel preparare un live decisi di reinventare il brano mandando un loop di cassa e rullante e accompagnando la voce con piano e basso. In quel periodo ascoltavo spesso gli Arctic Monkeys e il fatto che la batteria partisse nel brano senza altri strumenti mi permise di campionarla e di inserirla nella mia produzione.

Mi piacque molto il risultato e, alla fine, decisi di portare avanti una vera e propria nuova produzione col risultato che ora è possibile ascoltare.

Come si connette il Giovanni Carnazza produttore e quello cantautore?

La vera questione è come riuscire a coniugare il Giovanni che vive il mondo accademico e insegna all’università e il Giovanni che non riesce a fare a meno di suonare.

La mia vera passione, in quest’ultimo ambito, è la produzione, dare una veste a voci diverse cercando ogni volta di mettere una propria impronta personale.

Il Giovanni cantautore è figlio di una esigenza espressiva molto personale, una sorta di monito a me stesso – e agli altri – che il proprio percorso non si esaurisce mai in una sola strada, che le strade sono tante, le nostre identità molteplici e non c’è una sola risposta alla stessa domanda.