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|Interview| Il primo album degli Icona Cluster si intitola “Isteria di massa”

È uscito il 18 novembre 2022 per l’etichetta italo-tedesca Rubik il primo album degli Icona Cluster dal titolo “Isteria di massa”.

Il disco è stato realizzato con la collaborazione di produttori differenti (Natty Dub e Riccardo Rinaldi) per esplorare ambienti musicali alternativi ed eterogenei. Tutti i brani sono stati scritti durante e dopo il  periodo di pandemia del 2020/2021 e i generi che vanno a toccare l’album sono principalmente hip-hop, rock e funk soul.

Ciao e benvenuti su CSI Magazine. Il vostro gruppo prende vita durante la pandemia: in che modo questo evento di portata globale ha influenzato la vostra musica?

Ciao grazie mille per la vostra attenzione! il periodo di pandemia ha ristabilito quelle che sono le nostre priorità di comunicazione con il pubblico e con noi stessi, facendoci capire che era tempo di dire le cose come le pensiamo senza anteporre filtri che ti schermano dai significati che vogliamo elargire con la nostra musica. abbiamo adattato il nostro linguaggio alla necessità che abbiamo trovato durante l’isolamento come penso molte persone abbiano fatto.

Come è nata invece la collaborazione con l’etichetta Rubik?

La collaborazione con Rubik è nata dalla conoscenza di Carmela Senfett, la quale ha lavorato con noi come booking (ludwigsound booking agency) anche durante il progetto precedente in lingua inglese con il quale abbiamo girato principalmente la Germania. Grazie a Riccardo Rinaldi come produttore abbiamo messo insieme il nostro album e cercato una direzione artistica suonando fra di noi e producendo in studio.

Il vostro disco “Isteria di Massa” è stato realizzato con la collaborazione di produttori differenti per esplorare ambienti musicali più eterogenei. Ci parlate meglio di questa scelta?

Spesso quelle che sembrano scelte non sono altro che esperimenti, quando si fa musica come noi si naviga sempre in mare aperto con momenti di bonaccia molto lunghi e devi abituarti a seguire la corrente per capire dove andare. Provenendo noi dall’ambiente delle jam session ci siamo amalgamati a varie figure che ci hanno conferito differenti punti di vista sulla nostra musica, portandoci lentamente verso una consolidazione del sound e del linguaggio generale.

Questo album nasce dalla premessa che la società moderna ha creato un vuoto all’interno delle persone. Voi in che modo cercate di riempirlo quel vuoto?

Noi lo riempiamo attivamente con la musica, una delle poche cose che nonostante venga costantemente corrotta e strumentalizzata, sopravvive nel cuore di chi la sente e di chi la ama. Cerchiamo di riempire il vuoto con il frastuono della condivisione emotiva.

Qual è stata la sfida più difficile che avete dovuto affrontare come band?

Ne abbiamo affrontate parecchie, tra viaggi improbabili e difficoltà organizzative, ai soldi pressoché inesistenti, alla dipartita di diversi membri per ottimizzare il progetto lasciandoci alle spalle anche amicizie, palchi che non erano per noi e che ci facevano sentire fuori luogo, arroganza, superficialità e mancanza di professionalità generalizzata. Trovo che ne abbiamo passate talmente tanto insieme da quando suoniamo che qualsiasi cosa ci sembra un dono ed è bello sorprendersi ancora in un mondo come quello di oggi. La sfida più difficile è sempre quella di non farsi fagocitare dal proprio ego e non diventare schiavo totale del meccanismo dei social, cercando di mantenere il messaggio ideologico dal quale parte tutto e che non spiegherò qui, tempo al tempo.

Parliamo di live: avete in programma qualche data per il 2023?

Nel 2023 abbiamo qualche data a Bologna e stiamo vagliando varie proposte, per noi per ora, rimane fondamentale metterci a lavorare a roba nuova già da subito per restare sempre in volo.