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|Interview| La Convalescenza: ritorno in grande stile per la band modenese

Il primo novembre è uscito Palafitte di Creta, il secondo EP firmato La Convalescenza, la band alternative rock che ha debuttato nel 2016 con L’Eco della Clessidra.

Il disco de La Convalescenza, composto da cinque tracce, si caratterizza per i suoi testi graffianti e per il pathos degno del rock più violento.

Abbiamo chiesto a Luca Campanozzi, chitarrista della band, di dirci qualcosa di più a riguardo.

Convalescenza: Stato di transizione dalla malattia ormai superata al recupero completo delle forze e del benessere psicofisico che caratterizza la completa guarigione. Questa è la definizione secondo il vocabolario. Qual è invece la vostra definizione?

La nostra definizione è che in convalescenza non puoi dire né di stare veramente bene né di stare veramente male, quindi nel dubbio ti incazzi. Forte.

Credete nel potere terapeutico della musica?
Crediamo nel suo potere lesivo. La musica ci apre a nuove domande e raramente concede risposte. La amiamo anche o soprattutto per questo.

Come vi siete incontrati? Vi conoscevate già tutti prima di creare la band o qualcuno si è unito dopo?
Ho conosciuto Piff (frontman) cantando L’Armata del Metallo de Gli Atroci nei corridoi dell’università. Si è unito al coro… inevitabile fare una band! Poi abbiamo cambiato vari elementi fino a giungere alla formazione definitiva, quella di Palafitte di Creta.

Avete mai pensato di prendere parte a qualche talent-show musicale?
No, niente talent per noi. Apparteniamo alla cultura underground e ci va benissimo così.

 

Vi interessate alla scena rock nazionale? Quali sono gli artisti che ammirate di più?
Ce ne interessiamo molto! Amiamo Ministri, FASK, Verdena, Teatro degli Orrori, Endrigo

Nominate 5 brani che qualsiasi appassionato di musica rock dovrebbe conoscere.

  • A Cosa Ci Serve dei FASK
  • Diritto al Tetto dei Ministri
  • Ultranoia dei Verdena
  • Throne dei Bring me the Horizon
  • Calma Apparente dei Voina

Mi permetto di aggiungere il sesto: In Fondo al Mar de La Sirenetta… pezzo a dir poco epico.

Sono passati tre anni dalla pubblicazione del vostro disco L’Eco della Clessidra. Guardandovi indietro, c’è qualcosa che a posteriori avreste voluto cambiare?
Si beh, a occhio e croce quasi tutto direi! Ma è stato un passaggio fondamentale per noi, abbiamo imparato tanto dal nostro primo EP. In primis avrei cambiato i suoni, poi la stesura dei testi.

Invece cosa deve aspettarsi chi si accinge ad ascoltare Palafitte di Creta per la prima volta?
Non vi aspettate nulla che non siano le nostre personali sconfitte, le nostre paure. Non aspettatevi risposte, non ne abbiamo. Abbiamo solo preso un po' della nostra merda e l’abbiamo buttata fuori.

Qual è la cosa più strana che vi è successa durante un live?
Direi una sera in cui abbiamo suonato bene! Scherzi a parte, una volta un batterista che suonava con noi ha perso le bacchette due volte durante un brano e ci ha messo pure un po’ a ritrovarle.

Cosa bolle in pentola per l’anno nuovo?
Su questo stiamo ancora discutendo: promuovere video? Scrivere nuovi pezzi? Lo decideremo come sempre con pacati scambi di opinioni offendendoci parenti vari e lanciando piatti.

 

di Cassandra Enriquez