L’artista, nato da madre cinese e padre sardo, unisce i mondi del pop cantautorale italiano e dell’indie pop.
Mike Baker ha un curriculum già degno di nota, con partecipazioni alle fasi finali di rassegne nazionali come Sanremo Giovani, The Voice of Italy e il Festival di Castrocaro. Lo abbiamo intervistato per voi!
“Una vita come te” è il tuo ultimo singolo, di cosa parla?
Una vita come te è nata prima della quarantena, con un mio amico di Firenze: è una storia immaginaria, completamente inventata, non parla di una ragazza reale.
Ci sono alcune frasi, ad esempio il fatto di tornare a prendersi il coraggio e la voglia di uscire, che cadono a pennello con il periodo post quarantena, una situazione che speriamo di non dover vivere più.
Molte persone hanno pensato che l’avessi scritta per quello, ma sono solo elementi che effettivamente combaciano con il momento.
Parlo di una ragazza che vive una vita perfetta, che è però irreale. Io essendo innamorato di lei vorrei vivere in questo modo, quando poi nel mio piccolo, nel mio quotidiano, ho una vita completamente diversa.
L’unica cosa che vorrei fare, lo dico anche nella canzone, è chiudere gli occhi e ballare.
Quali sono gli artisti che ti hanno più ispirato anche in passato e quali quelli che ascolti maggiormente?
Parlando del passato, sicuramente posso dire di essere cresciuto con i Green Day, oltre a Blink 182, Sum 41, con il pop punk. Poi mi sono avvicinato al pop inglese, come Ed Sheeran, Passengers, e ho scoperto anche artisti come Jason Mraz e John Mayer.
Cinque anni fa scrivevo solamente in inglese e avevo una band con ragazzi della mia zona. Durante un festival, ho conosciuto il mio attuale manager e produttore, che era in giuria e si è innamorato di una canzone che avevo scritto in cinese a Shangai, registrata una volta tornato in Italia.
Ho ricontattato Alessandro due anni dopo, quando mi sono reso conto di avere bisogno di una svolta: da lì ho iniziato a scrivere canzoni in italiano, ascoltando sempre più artisti italiani, soprattutto classici, come De Gregori, Venditti, Dalla, De Andre Vecchioni.
Sono artisti che tutt’ora ascolto, anche se adesso mi sono avvicinato anche alla scena più moderna, ad esempio i Negramaro, che insieme a Dalla sono gli artisti che adoro di più. Della scena indipendente apprezzo molto Brunori Sas.
Quello che sto facendo sui miei nuovi pezzi è cercare di migliorare e perfezionare il pop cantautorale, rendendolo un po’ più pop proprio per i miei ascolti passati, inserendo qualche volta, come nel progetto che farò uscire, anche una vena rock.
A cosa sta lavorando Mike Baker in questo momento? Dobbiamo aspettarci qualche novità a breve?
A breve non saprei, perché c’è un grande passo da fare. È da un anno che sto dietro a questo album e sento di doverlo far uscire.
In questo disco ho sperimentato abbastanza, si notano molte differenze di sound, non troppo evidenti, ma sono consapevole che si sentono la sperimentazione e ricerca che ci sono dietro, perché sto cercando sempre di più di avvicinarmi a me stesso.
Ci sono diversi ascolti che confluiscono in questi nuovi pezzi, tra pop, cantautorato, una demo anche hip-hop old school, c’è il rock, c’è anche qualcosa in cinese, spazia molto. È un tentativo anche di conoscermi meglio per capire quale è la mia strada.
Prendendo in considerazione sia la parte dei testi che quella della melodia, come nascono le tue canzoni?
Raramente scrivo scegliendo un tema preciso. Ll’ho fatto a volte e penso che non mi riesca molto bene, trovo che le frasi siano costruite.
Io scrivo molto a flusso di coscienza, quindi mi metto lì, prendo la penna, la avvicino al foglio, immagino ed inizio a scrivere.
Per quanto riguarda la canzone, passando dall’inglese all’italiano ho comunque sempre mantenuto un certo tipo di impostazione iniziale.
Ultimamente però prendo la chitarra, inizio a suonare e dico delle cose completamente a caso in inglese, oppure in italiano, ma cose come cocomero, fragola, cose completamente a caso, non riesco ad inserire subito il testo come magari alcuni che fanno freestyle o cose simili.
Hai partecipato come Mike Baker a diverse rassegne e programmi musicali, tra cui anche Sanremo Giovani. Quanto sono stati importanti per te e cosa pensi di aver imparato da queste esperienze?
Sanremo Giovani pur essendo stata breve di durata è stata una bellissima esperienza ed essendo uno dei festival più importanti d’Italia ho raggiunto un obiettivo altissimo, anche perché sono comunque arrivato in una posizione alta.
Mi sono confrontato anche con altri artisti, alcuni ragazzi che conoscevo e seguivo, altri che non conoscevo affatto e vedere cosa si creava, che cosa avevano scritto, sentire quelle particolari sensazioni sulla pelle è stato proprio bello.
Poi parlare, comunicare, imparare qualcosa dagli altri o lasciare qualcosa di sé agli altri è stato importante. Ho imparato molto anche dopo Castrocaro, dove tutta la prima settimana l’abbiamo vissuta a musica, prove e altro.
https://www.youtube.com/watch?&v=Om9q3PNfP_gDescrivi Mike Baker in tre aggettivi.
Paranoico, intraprendente, nostalgico. Dai, uno positivo l’ho messo! (ride)
Cosa vorresti arrivare a comunicare con la tua musica?
Ho iniziato a fare musica in maniera spontanea, per la voglia di cantare e raccontare me stesso.
Crescendo si sviluppano anche dei pensieri sul futuro, prospettive diverse, e conoscendomi piano piano, essendo anche abbastanza paranoico, mentre affrontavo diverse fasi della mia vita ho assaporato molte paure che non sapevo di provare.
Una di queste è l’oblio, non poter lasciare il segno, vivere una vita dove non riesci a far restare una traccia, vivere e non lasciare niente di te stesso a qualcuno.
Per me l’unica cosa davvero immortale è l’arte, la poesia, quindi credo che sia l’unico strumento che permetta di far restare qualcosa e che possa durare per sempre.
Una canzone non la puoi uccidere, non la puoi strappare, non la puoi bruciare, puoi forse dimenticarla, ma a livello materiale non c’è nulla che puoi farle, rimane comunque nella mente delle persone.
Per me l’importante è lasciare una parte di me e magari che le persone possano rivedersi in quello che scrivo, in alcune cose che ho vissuto io.