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|Interview| Valentina Polinori torna con un album molto personale.

A distanza di tre anni dal suo esordio, l’artista romana torna con un album personalissimo: Trasparenti.

Abbiamo intervistato Valentina Polinori per parlarne del nuovo lavoro, che vede un cambio di passo rispetto alle sonorità e un’indubbia crescita professionale.

Ciao! Iniziamo con una domanda generale sul tuo rapporto con la musica, ovvero: come mai hai deciso di intraprendere proprio questa strada?

In realtà non è stata una vera e propria scelta: quando ero piccola suonavo, anche se per un periodo ho smesso, riprendendo poi intorno ai vent’anni. Durante l’infanzia e l’adolescenza suonavo il pianoforte classico, ma ho iniziato a scrivere dei testi solo una volta cresciuta; a quel punto, ho deciso di farli leggere ad alcuni amici, tra cui persone che suonavano.

Fu proprio il mio primo chitarrista a proporsi per suonare con me anche se ancora non avevo in mente di intraprendere questo percorso.

Ho cominciato da lì a suonare in giro ed è stato tutto spontaneo, avendo conosciuto anche altri musicisti con i quali ho arrangiato i brani e registrato poi il primo album: è una strada in cui mi sono trovata, che non avevo progettato prima.

Il nome del tuo nuovo album è “Trasparenti”: come mai hai scelto proprio questa parola?

È una parola contenuta in uno dei brani, Andiamo fuori: ha sempre suscitato molta curiosità da parte di chi ascoltava quel pezzo perché non è molto chiara, non essendo utilizzata spesso in ambito umano.

La frase completa è “Andiamo fuori trasparenti”, che rimanda all’idea di sentirsi liberi ed essere tranquilli, se stessi.

Tutto il disco ruota attorno a questo concetto, legato al relazionarsi con gli altri, sia in amore che in amicizia, ma anche alla musica, al provare ad essere spontanei e reali.

Nelle canzoni emerge, anche se in modi differenti, molta introspezione. In quale tra queste è stato più difficile raccontare Valentina Polinori e perché?

Probabilmente Lontani, perché esprime una sensazione di difficoltà.

In realtà, non è mai stato complicato per me essere introspettiva, anzi, forse lo sono anche troppo; maggiore complessità l’ho notata invece nel relazionarmi con le persone, quindi penso sia proprio questo il punto più “fragile”.

Ho visto che hai studiato a Parigi ed in Olanda: sono state delle esperienze che hanno influito anche sul tuo modo di scrivere?

Sono stata a Parigi ed in Olanda per studi universitari non relativi alla musica, ma penso che siano state esperienze che mi hanno molto formata come persona.

Sono curiosa e socievole e la possibilità di relazionarmi con contesti diversi mi ha portata a sviluppare queste caratteristiche.

A livello di scrittura forse hanno portato una maggiore attenzione nell’osservare le persone, che forse avrei avuto comunque ma in modo differente, perché andando all’estero si conoscono anche le differenze tra le varie culture.

Dal tuo lavoro precedente, “Mobili”, sono passati diversi anni e la componente un po’ più rock si è attenuata, portando un cambiamento nello stile, come mai? È stato un cambiamento portato da nuovi ascolti o hai sentito la necessità di esprimerti in modo diverso?

Sicuramente gli ascolti mi hanno influenzata, come ad esempio i Daughter, quindi un mondo rock però in qualche modo soft. Il cambiamento però penso sia stato portato anche dal modo in cui è venuto fuori questo disco.

Questa volta con me c’è stato un produttore artistico, non la band in sala: le parti suonate con la chitarra elettrica sono diminuite.

Inoltre anche l’organico del gruppo è cambiato: le chitarre sono suonate da Alessandro Di Sciullo, il produttore artistico, mentre nel primo disco c’era Matteo Cora, che aveva sicuramente un’attitudine più rock che si rifletteva poi nelle canzoni.

Personalmente, sono stata più attenta all’arrangiamento e quindi l’attenuazione della vena rock, che non è del resto neanche il mio mondo, ha portato ad un cambiamento nelle sonorità di Trasparenti.

Ultima domanda alla Valentina Polinori cantautrice: questo periodo di quarantena è stato utile da un punto di vista creativo?

Ho passato la quarantena da sola, ed è stato molto strano: all’inizio in realtà non ho suonato quasi per niente…

Il primo mese è stato un po’ di stacco, mentre poi mi sono sciolta e, una volta abituata alla situazione, sono venuti fuori anche dei nuovi brani!

di Lucrezia Lauteri