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|Review| Yo La Tengo – May I Sing With Me | Pillole Musicali in 8 Bit

Tante volte mi maledico… scelgo degli album stupendi per i quali però è difficilissimo reperire informazioni.

Come si fa in questi casi?

Bé, vi do 2 opzioni:

1) o vi fidate di me incondizionatamente e leggete comunque la sbobba farcita di cazzate che vi propongo (magari cominciando ad ascoltare questa perla selvaggia di inizio anni ’90);

2) oppure saltate direttamente ad un altro articolo (se avete scelto questa opzione, vi saluto… “Au revoir Shoshanni!”).

Avete scelto opzione 1, bravi. Mi inventerò qualcosa, tranquilli, mi inventerò qualcosa…

May I Sing With Me – oltre a palesare una preoccupante auto-burocrazia negli yolitenghi che si domandano se possono cantare per loro stessi – segna uno spartiacque nella carriera di Kaplan e soci.

Il quinto album è quello della reale maturità artistica, del bilanciamento tra paesaggi sonori e testi. Inoltre è caratterizzato dal fondamentale ingresso del bassista James McNew, divenuto il terzo piede definitivo dello sgabello Yo La Tengo (che vede nei coniugi Kaplan e Hubley la struttura portante).

L’album suona ancora oggi come qualcosa di fresco, godibile, attuale; nei suoi 53 minuti e rotti, scorre meravigliosamente bene e getta le basi di quel capolavoro che prenderà il nome di Painful, con la chitarra che costruisce riff compulsivi tra Neil Young, Husker Du e J Mascis (soprattutto nella meravigliosa, delirante, [frenc] zeppa di feedback e di carogna, Mushroom Clouds Of Hiss) o accordi che richiamano a tratti i Penguin Café per la loro morbidezza e raffinatezza.


 

L’alternanza tirata in ballo prima non è conseguenza solamente dei paesaggi sonori, ma anche delle voci di Hubley e Kaplan, capaci di dipingere atmosfere diametralmente opposte (essendosi spartiti il disco a metà nelle composizioni con 5 e 6 pezzi a testa), in una serie di canzoni che rimandano agli anni ‘80 – agli Stone Roses per esempio – senza però apparire datate.

Un disco perciò paragonabile ad uno Zocchihedron, che probabilmente deve questa sua ampia sfaccettatura armoniosa alla carriera di Kaplan di navigato critico musicale, capace di attingere sapientemente dal calderone dei propri ascolti e mesciarli con una capacità non indifferente (caratteristica non affiorata a pieno nei lavori precedentemente registrati).

May I Sing With Me è un disco meraviglioso, capace di rallegrare le giornate con il suo sound e con la giusta armonia raggiunta da Kaplan e soci al quinto tentativo.

Può essere considerato un disco di riferimento che ha fatto scuola a tante delle band cresciute negli anni ‘90 per lo stile e la classe che lo contraddistingue.

Non c’è tanto da raccontare su quest’album, perciò vi chiedo di perdonare la mia stitichezza nell’articolo, giurin giurello, non è pigrizia! Posso però considerarmi felice di aver potuto condividere con voi May I Sing With Me… spero avrete modo di apprezzarlo quanto me.

di Pillole Musicali in 8 Bit