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|Interview| Il timore contagioso dei Bankrobber a #PopUpNext

Torna l’appuntamento settimanale con #POPUPNEXT a Milano. L’Officina 32  e gli amici di Pop Up questa volta hanno ospitato The Bankrobber.

La band di Riva del Garda deve il loro nome all’omonima canzone dei Clash. La formazione attuale è composta da Giacomo Oberti (voce e chitarra) e Maddalena Oberti (voce e tastiere) e gli amici Andrea Villani (basso e cori) e Stefano Beretta (batteria e cori).

Dopo la vittoria a Rock Targato Italia nel 2009 la band inizia a suonare in tutta la penisola con continuità facendo circa cinquanta date all’anno dal settentrione alla Sicilia e non solo, hanno avuto dei live anche in Portogallo, Francia e Spagna.

Tra distorsori e sintetizzatori il loro sound un po’ rock, un po’ pop, un po’ post punk, ricorda (per quanto concerne la parte “rockeggiante”) lontanamente gli Acrtick Monkeys e i Joy Division.

Arrivano in Officina 32 con il loro singolo Afraid, la voce dei demoni interiori… i nostri demoni più grandi, noi stessi.

E’ stato sicuramente interessante riuscire a fare due chiacchiere con Giacomo, che ci ha illustrato un po’ il progetto.

Da quanto tempo esiste il progetto?

Ufficialmente da una decina d’anni. In realtà esiste da sempre. Il desiderio di produrre musica propria albergava da sempre in me.

Praticamente dalle scuole medie, pur scrivendo roba che adesso neppure apprezzo, ho sempre avuto la tendenza a scrivere e il desiderio di fare musica tutta mia.

Nel 2016 arriva il primo EP in inglese “The Land of Tales” . Perché questo titolo?

Perché si tratta di una raccolta di racconti diversi tra loro. Non c’è un concept insomma, essendo già stati scritti precedentemente e poi selezionati e risistemati per pubblicare un EP.

Dopo l’EP è cambiato qualcosa?

Beh sicuramente la nostra direzione musicale, vista l’introduzione della tastiera. In occasione dell’EP ha iniziato a far parte della nostra squadra anche mia sorella Maddalena che, con il suono della sua tastiera, ha sicuramente ammorbidito il suono.

Perché cantate in inglese?

Perché ascoltiamo per il 99% musica in inglese e quindi ci viene abbastanza naturale avendo tante influenze da fuori. Abbiamo iniziato in inglese anche prima di cantare in italiano.

Ci siamo fatti un po’ “convincere” sull’italiano ai tempi e infatti è risultata una forzatura.

Dunque come definiresti la vostra musica?

Banalmente ti direi Rock, che significa praticamente tutto e niente. Mi piace arrivare più con le sensazioni che non le definizioni. Beh vorrei che le versioni in studio uscissero bene come nelle versioni live. Avverto questa immensa distinzione.

Progetti futuri per il 2019?

Da febbraio a maggio abbiamo in calendario diversissime date tra l’Italia e l’Europa e poi per fine anno cercheremo di ultimare il nostro prossimo disco al quale stiamo lavorando.

di Marta Paluccio