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|Interview| Intervista ad Ariù: viaggi malinconici nel Nottetempo

Nottetempo è un raccoglitore emotivo che ci regala le canzoni da cameretta di Enrico Scanu, questo il nome al secolo di Ariù, che si muove tra electro pop e white soul.

 
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Ariù, il cantautore brianzolo fresco di primo EP. Ecco cosa ci ha raccontato a riguardo!
 
Ciao Ariù, Nottetempo sembra in qualche modo richiamare l’immaginario di Harry Potter? Facciamo un gioco: scegli per ogni brano dell’EP un momento della saga di cui potrebbe esserne la colonna sonora?
 
Sarò molto sincero, pur essendo un grande appassionato di cinema, non conosco bene la saga tratta dai romanzi della Rowling. Quindi sono costretto a risponderti che non ne ho la più pallida idea. Il titolo dell’ EP è tratto dalla parola che divide in due il testo del singolo Cose nuove.
 
Di quale film Nottetempo potrebbe essere una colonna sonora?
 
È molto difficile rispondere a questa domanda perché è un EP molto frammentario.
Ogni canzone ha una sua identità, quindi provo a citarti 4 film: Cose nuove la associo aduna commedia d’ amore tipo Harry ti presento Sally, Semplice ad un film d’ azione un po’ avveniristico come Minority Report, Tokyo a Se mi lasci ti cancello, mentre Niente potrei associarla al distopico V per Vendetta.
Come sei arrivato al progetto di Ariù? Di quali altri progetti sei stato protagonista
(l’ufficio stampa ci ha citato i Deaf Kaki Chumpy)?

Il progetto Ariù è venuto dall’esigenza molto profonda di raccontare le mie storie
esprimendomi ed esponendomi a 360 gradi.

In questi anni ho cantato in molte band e le esperienze più importanti le affrontate con i Deaf Kaki Chumpy, Dropshard e Don Anselmo. Sono progetti che mi hanno dato molto sia a livello musicale che a livello umano.
Le dinamiche di gruppo hanno il grande vantaggio che ti fanno vivere e condividere esperienze che difficilmente da solo riusciresti a provare.
Il fatto è che sono arrivato ad un punto nel quale avevo esaurito gli stimoli e ho deciso di concentrarmi sul mio percorso, sui miei testi e le mie composizioni. Ovviamente quando scegli questa strada la libertà espressiva aumenta notevolmente.
 
Come mai, secondo te, in questo periodo escono molti più EP e singoli, sottraendo
spazio alla pubblicazione degli album?
 
Il mondo della musica è cambiato notevolmente negli ultimi 15 anni e questo è sotto gli occhi di tutti. Non parlo di contenuti: quelli sono sempre cambiati e ogni generazione ha sempre potuto dire la sua. Ciò che è cambiato in maniera drastica è la loro fruibilità.
 
 
 
Ricordo quando ero adolescente che era piuttosto normale andare in giro per negozi di dischi e acquistare gli album. C’era una vera e propria attesa trepidante i giorni prima dell’uscita.
Comprare un disco era un’esperienza a 360 gradi a partire dallo spendere quei 15/20 euro, sfogliare il libretto, leggere i testi, inserire il disco nel lettore cd o in macchina.
Adesso non c’è più niente di tutto questo, sopratutto perché si predilige un ascolto molto più frammentario. Credo che la grande linea di demarcazione l’abbia tracciata l’ingresso nel mercato di Spotify. È chiaro che se con un abbonamento di poco più di 10 euro puoi ascoltare tutta la musica che vuoi senza limiti questo apre i confini a qualsiasi cosa.
 
Il problema è che con tutta questa roba ho paura che gli ascolti si siano appiattiti parecchio e non si vada più a scavare nel profondo degli artisti.
Come hai passato questo periodo di lockdown? Che ne pensi delle varie dirette che hanno animato il web in questo periodo? Possono essere un’alternativa temporanea ai concerti, oppure non c’è paragone?
 
All’inizio l’ho vissuta molto male, nel senso che le prime settimane ero caduto in una specie di stato paralitico. Non mi andava di fare nulla, manco di guardare un film o ascoltare musica. Una cosa che non mi era mai successa. Poi ho cominciato a reagire ed ho passato il resto del tempo per lo più a leggere, suonare, ascoltare musica e ritrovare una sorta di armonia tra corpo e mente.
 
Ho sfruttato questo momento di stacco anche per mangiare meglio e fare un po’ di attività fisica. Devo dire che viste le premesse molto deprimenti alla fine è stato terapeutico.
Le dirette le ho fatte anche io e più che un’ alternativa ai concerti, che sono chiaramente insostituibili, le ho vissute come una sorta di sfogo e di condivisione di uno stato d’ animo ben preciso che era la solitudine. Forse le ho fatte proprio per sentirmi meno solo.
 
Prossimi passi per il tuo progetto?
 
Sto cominciando a lavorare su delle bozze che avevo lasciato in un cassetto e sto scrivendo anche a del materiale nuovo. Dopo Nottetempo mi vorrei immergere in qualcosa di più importante e unitario, come la stesura di un intero album. Ho preso questo momento di quarantena anche per riposare un po’ la mente. Adesso sento di avere bisogno di tornare a scrivere.