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|Interview| MustRow è un volontario tra il pubblico

Oggi esce “Un volontario tra il pubblico”, il nuovo disco in studio di MustRow e ne abbiamo approfittato per farci quattro chiacchiere.

In una serata di ottobre sono andato a farmi una chiacchierata con Fabio Garzia, in arte MustRow, alla vigilia dell’uscita del suo nuovo disco – Un volontario tra il pubblico  che trovate in fondo all’articolo.

Ho conosciuto Fabio per caso quando una sera ero al Monk per seguire un gruppo e mi sono ritrovato lui come gruppo spalla. Portava in giro il suo disco Sugar Baby e per me è stato un muro di suono molto travolgente… decisamente non in linea con la musica indie di quel periodo.

Da lì ci siamo incontrati diverse volte: dopo mille discorsi sconclusionati intorno alla musica, questa è stata la prima occasione di un’intervista più strutturata.

Con Fabio abbiamo molto in comune: siamo nati entrambi nella primavera del 1982, abbiamo una passione viscerale per il rock n’ roll, ci piacciono le birre IPA e fumare le sigarette con il tabacco. Mettici anche che viviamo entrambi nello stesso quartiere della periferia sud est di Roma.

Così non potevamo non vederci al Gordon Bennet, il pub di quartiere, uno di quelli vecchio stampo in stile irlandese che negli anni Novanta andavano tantissimo. 

Così una birra dopo l’altra abbiamo parlato di musica contemporanea e del suo nuovo progetto.

Ho provato a riassumere tutto qui sotto.

Damiano: Prima di parlare della tua musica vorrei prenderla larga e chiederti un paio di commenti su quello che sta accadendo nella musica italiana in questo periodo. Franco Zanetti, il direttore di Rockol.it ha scritto un articolo dal titolo Nuovi dischi italiani: 80 in cinque giorni. Ma siete impazziti?. In questo articolo denunciava il fatto che nel giro di una settimana (28 settembre – 2 ottobre) gli erano arrivate 80 segnalazioni di nuove produzioni musicali con la richiesta di scriverne sulla rivista. Facendo un rapido calcolo, Zanetti è arrivato a contarne 4.000. Quattromila nuove uscite (solo quelle italiane) in un anno. Nell’articolo poi esortava a smettere o comunque a rallentare. Che ne pensi di questa sorta di ipertrofia?

MustRow: Secondo me non c’è niente di male a far sì che la musica si diffonda in tutti i modi possibile. È vero anche che – soprattutto in questo periodo – ho notato una mole enorme di musica diffusa soprattutto sui social e le piattaforme in streaming. Forse questo è dovuto al fatto che molti artisti hanno avuto più tempo per produrre musica a causa del lockdown. 

È da tempo però che ogni venerdì ci sono un sacco di nuove uscite e questo riguarda anche i big, non solo i piccoli artisti indipendenti. Anche la qualità, purtroppo, viene penalizzata da tutto questo: trovare quell’artista che veramente fa qualcosa che potrebbe lasciare il segno è sempre più difficile.

È un problema che riguarda tutti, non solo chi fa musica: riguarda gli uffici stampa, chi cura la promozione e poi sicuramente chi ne può dare visibilità sulle riviste stampa ecc… ma non credo ci sia una soluzione. Non basta dire “fermatevi fate meno musica”.

A proposito di qualità e di lasciare il segno, a te che oltre che musicista sei stato anche insegnante di musica per anni chiedo: quanti dei tuoi studenti hanno la stoffa per arrivare a realizzare un progetto musicale concreto? E quanti di questi hanno qualche chance di farcela?

Ho iniziato ad insegnare musica ormai quasi venti anni fa ed  ho sempre puntato a cercare proprio “quel qualcosa in più” nei miei allievi. A chi l’aveva davo magari più attenzione che non a quelli che mi portavano il compito fatto e una esecuzione buona solo dal punto di vista tecnico. Su un centinaio di allievi ne ho trovati due o tre così. Oggi chi si affaccia a questo mondo ha una difficoltà enorme rispetto a prima.

Pensa a tutto quello che accade sui social. Pensa a quello che succede su Tik Tok o su Instagram: vincono in visualizzazioni e in condivisioni quelli che magari fanno un’ottima cover di una canzone famosa, magari con strumenti improvvisati tipo i bicchieri. Lì per lì magari guadagnano un like, ma sono persone che non convinceranno il loro pubblico a seguirli su una produzione originale. E questo è un altro punto che penalizza chi invece ha veramente qualcosa di originale da dire a livello autoriale. La mole di informazioni che passano sui social appannano chi sa scrivere e creare qualcosa e chi sa produrre musica originale a vantaggio di chi ti fa una cosa divertente ma riciclata. 

Pensa se ci fosse stato Instagram ai tempi dei Beatles. Quanti giovani in quel periodo facevano la stessa musica loro. Forse se ci fossero stati  i social network a quei tempi i Beatles non sarebbero mai riusciti ed emergere. Chissà.

Che cosa mi dici invece di questa situazione degli spettacoli dal vivo? Non solo voi artisti, ma anche tutti i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo stanno vivendo un periodo molto critico. Domenica scorsa c’è stata anche una grande manifestazione a Milano. Per richiedere alle istituzioni di essere ascoltati. Secondo te questa situazione quanto a lungo ancora può durare? È possibile riorientare questo mondo in un’altra direzione? 

Questo mestiere non è mai stato preso in considerazione dalla politica italiana. Anzi forse sono stati più considerati i tecnici che fanno un lavoro pratico rispetto a chi invece fa un lavoro artistico. Questa situazione non cambierà finché non ci sarà uno switch culturale, partendo dalla gente, non solo dalla politica. È l’elettorato che deve far capire alla politica che questo è un settore importante. 

Ok adesso passiamo alla tua musica. Nel 2018 hai fatto uscire l’album Sugar Baby, il tuo primo disco, un disco molto potente e con un impronta blues molto marcata. Interamente in inglese. “Un volontario dal pubblico” invece è decisamente differente: oltre ad esser in italiano, le sonorità sono più morbide, il rock c’è sempre ma fuso a volte con l’elettronica. Il piglio di tutte le tracce è decisamente più pop. Mi racconti un po’ della svolta che ti ha portato dal primo al secondo disco?

Allora in realtà nel 2015 ho fatto un primo EP in italiano.

Davvero? Non l’ho mai sentito? dove lo trovo?

Sì, l’ho oscurato completamente dal web… non lo troverai mai. Era un disco che aveva influenze blues. Volevo a tutti i costi arrivare, quindi aveva un sound con influenze molto pop e ritornelloni e testi per un pubblico ampio. Ero convintissimo di prendere questa strada, ma poi riascoltando l’EP non me lo sono sentito mio.

Poi un giorno mi sono trovato in una pausa a scuola di musica e ho scritto di getto una canzone che poi è diventata Let It Fall (ndr: primo singolo del disco Sugar Baby). Mi è piaciuta tantissima e ricordo che ho chiamato la mia ragazza per dirgli “sono pronto a fare un disco!”. Però lo volevo fare in inglese, volevo che rispettasse le mie radici, la musica che mi piaceva, il roots blues e tutto quello che facevo nei locali quando suonavo dal vivo o cercavo di insegnare ai miei allievi. In inglese perché mi ci trovavo a mio agio. L’ho fatto come una specie di tributo a quello che mi è sempre piaciuto.

Solo che poi mi sono reso conto che mi mancava un’identità marcata tutta mia. Non avevo fatto nulla di troppo originale e questa cosa mi è pesata molto anche se poi è stato proprio questo a farmi fermare un attimo, riflettere e poi darmi la spinta a fare Un volontario tra il pubblico.

Nel rock blues prende più l’impatto sonoro e difficilmente ci soffermiamo sul testo, a parte il ritornello. Quindi riprendere l’italiano per me è un modo per arrivare di più al pubblico e esprimere meglio tutto l’impatto emotivo. Certo, all’inizio è stato un trauma ed è stato difficilissimo risentire le mie canzoni in italiano.

Quasi tutte le canzoni di questo disco le ho scritte a ridosso dell’uscita di Sugar Baby, quindi è stato ancora più difficile cantare in italiano. Ho iniziato a fare degli esperimenti nelle serate live. Ai miei pezzi in inglese aggiungevo ogni volta qualche canzone in italiano per capire io come mi sentivo nell’esecuzione e come lo recepiva il pubblico. Non è stato un passaggio facile lo ammetto.

Non rinnego nulla di Sugar Baby, ma quello che c’è in Un volontario tra il pubblico mi piace molto e mi piace cantare in italiano.

Un volontario tra il pubblico è interamente prodotto e arrangiato da te e, a parte qualche piccola collaborazione, hai praticamente fatto tutto da solo. Durante la produzione non ti sei sentito un po’ solo? O meglio non hai sentito mai l’esigenza di un confronto o un dialogo con altri musicisti?

In realtà non è proprio così. In questo disco ci sono Iano (Cristiano Campana), L’ Avvocato dei Santi e Mirkoeilcane. Ognuno di loro, anche se hanno fatto piccole parti, ha dato un contributo importante al disco. Sono molto favorevole alle collaborazioni, ai featuring, ma i problemi sono due.

Il primo problema è di ordine pratico: non è così facile allineare i pianeti con altri artisti quando si fa un disco, magari tutti a parole ti dicono “ok vengo a suonare” ma quando serve chiudersi in sala di registrazione spariscono.

Ho però collaborato con tante persone al di fuori della musica. Ho fatto sentire i primi take per avere un feedback e confrontarmi con chi mi potesse dire qualcosa non puramente tecnico, ma emotivo ed eventualmente aggiustare la canzone prendendone i suggerimenti. Questo è un disco molto cantautorale nonostante il rock, l’elettronica e vari arrangiamenti. Collaborare con un altro cantautore avrebbe influenzato troppo la musica con il suo bagaglio culturale, con la sua impronta. La mia migliore amica, Federica, è la prima persona a cui mando i testi, anche se non è una “del mestiere” ma è molto imparziale e non ha peli sulla lingua quando deve dirmi se una cosa funziona o meno. E’ molto diretta e questo mi aiuta. Anche quando mi insulta e mi fa capire che una cosa proprio non funziona.

L’altro punto è che io volevo che questo disco suonasse come dicevo io in tutto e per tutto. E pure se il mastering non è perfetto o gli strumenti potrebbero essere suonati meglio, non avrebbero mai suonato come volevo io. I master all’inizio li ho fatti fare ad un amico molto molto bravo ma risentendoli non suonavano come volevo io. Erano troppo precisi e puliti, così ho imparato io a masterizzarli da solo trovando il sound e l’effetto che volevo. Volevo sentire più “croccantezza”, quell’effetto sporco, quell’impronta rock che ormai si sente sempre meno.

Io comunque in Oggi Sto Bene o Male (dire), ma anche in Come si Fa io ci avrei visto bene altre voci che non fossero la tua, per cambiare e spezzare un po’.

Sicuramente avere delle voci in più avrebbe portato un valore aggiunto. Ma, come ti dicevo, volevo che questo disco suonasse a modo mio. I testi in particolare sono molto personali e se avessi sentito una persona diversa da me nel cantato non sarebbe stata la stessa cosa. Sono canzoni troppo intime per fare questo. Anche la batteria o il basso, anche quando sento che suonano male o che potrebbero essere suonate meglio, va bene. Perché sono mie quelle parti.

Anche se avessi avuto la possibilità di far fare un pezzo ad una bella voce – prendiamo ad esempio Rancore che mi piace molto – l’avrebbe cantata a modo suo e non sarebbe mai riuscito a farla come volevo io. Per lui sarebbe stata una forzatura e anche per me. Sarebbe uscito qualcosa di poco naturale.

Parliamo della tua voce: è evidente che il tuo timbro è un’arma e forse il più efficace tra gli strumenti che usi. Però sembra sempre che tu  voglia metterla alla pari di tutto il resto, senza dargli mai troppa importanza. Nella musica contemporanea invece si tende a dare molta importanza a questo strumento. Basta guardare i vari talent dove la performance canora viene messa sempre in primo piano. 

Nella musica che amo di più la voce non sovrasta il resto. A me non piacciono quegli artisti che mettono tutto in secondo piano per far spiccare la voce. Se parliamo di talent show in Italia non stiamo parlando di discografia vera e propria.

Mi piace molto immergermi nel suono. In questo disco ho alzato molto la voce, non è che io abbia paura o la nasconda, ma se esagero troppo o forzo questo aspetto sarebbe come forzare me stesso a qualcosa di innaturale che non si troverebbe bene con tutto il resto.

Caffellatte e sigarette è la canzone che mi piace di più di questo disco come lo è “Little Girl” in “Sugar Baby”… a parte la mia evidente propensione per le ballate folk, se ci si concentra sui testi ci si rende conto che le tue capacità di scrittura vengono esaltate con ritmi e sonorità più calme. 

Non sapevo neanche se metterla perché mi sembrava stonasse un po’ con il resto del disco. In tanti mi hanno detto che le mie canzoni chitarra e voce o pianoforte e voce mi vengono bene. Le canzoni ridotte allo scheletro certamente hanno un effetto diverso e un impatto diverso sulle persone. Caffellatte è una canzone fatta in presa diretta con solo due microfoni senza post produzione e editing. Doveva essere nuda e cruda per rendere quello che volevo dare e esattamente il senso di questa canzone. Punta all’emotività dell’ascoltatore. Parla della convivenza con la mia ragazza. 

Tornando ai live: quand’è che presenti il disco dal vivo? Hai già in mente di fare un tour, Covid permettendo?

Venerdì sera suono allo Snodo Mandrione, ma il release vero vero  proprio, Covid permettendo, lo farò al Wish List  il 9 gennaio 2021 con tutti quelli che hanno partecipato al disco più qualche ospite. Per un eventuale tour ancora non ho organizzato nulla e devo capire come si mettono le cose. 

Ultima cosa: lo sai che il 23 ottobre esce anche il nuovo disco di Bruce Springsteen e quello dei Gorillaz vero? Ansia?

Guarda è fantastico. I Gorillaz sono la mia adolescenza e Bruce è sempre stato onnipresente nella mia vita fin da quando ero piccolo, a mia madre piaceva tantissimo e il disco di  Born in The USA suonava sempre dentro casa. Pensa che quando ho partecipato a The Voice, mi hanno chiesto di portare Dancing in The Dark. Io in realtà non ascoltavo Bruce Springsteen da tempo e quando mi arriva la telefonata per dirmi che dovevo cantare questa canzone ero un po’ sorpreso ma anche contentissimo di cantare Springsteen in quell’occasione. Poi esce il mio nuovo disco in italiano, un disco a cui tengo tantissimo e lo stesso giorno esce anche un suo disco.