Live Report

|Live Report| Preoccupations at Monk Club (Roma)

Atmosfere cupe e \m/ in aria: chitarrone elettriche vecchie maniere in scena al Monk, con i Preoccupations sacerdoti di un rito tutto a base di ansiolitici e noise.

Non c’è alcuna fretta di iniziare a Via Giuseppe Mirri. Per chi si attanaglia sul dilemma del rispettare l’orario di inizio del concerto indicato sul biglietto, il Monk si rivela sempre molto comprensivo, sopratutto con chi è fedele alla mobilità Atac e ai suoi aleatori orari d’arrivo.

C’è tutto il tempo per ambientarsi allora e scoprire nella bacheca degli artisti in programmazione che i Modena city Ramblers sono ancora carichi di rosso vigore e in tour in giro per l’Italia. Sognando una loro esibizione a Gorizia nella giornata commemorativa delle foibe, si consumano chiacchiere e alcolici.

Respiro il mood generale del pubblico pagante, molto omogeneo nella composizione, caratterizzato prevalentemente da facce un po’ incazzate senza un motivo ben definito.

Lo stage allestito è senza fronzoli e non concede troppa mobilità alla band. Non se ne sente l’esigenza. Lo spettacolo attacca con Newspaper spoon, manifesto dell’album d’esordio, quando la band si chiamava ancora Viet Cong.

 

 
 
 
 
 
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Il brano definisce quello che sarà il leitmotiv di tutto il set: una batteria incisiva su riff sporchi e granitici, con la voce di Flegel a dare forma a tutte le visioni di incertezza e precarietà che permeano le liriche della band.

Espionage, che arriva poco più tardi in scaletta, dà spazio a un suono più pulito e ritmato, caratteristico proprio dell’ultimo album New Material.

La svolta maggiormente melodica dell’ultimo lavoro in studio non ha influenzato troppo il live, che a parte i brani di quest’ultimo rimane comunque ben definito sui binari di un suono ostico e grezzo.

C’è qualche momento di interazione con il pubblico che in realtà lo sbiascicante inglese-canadese del front man non mi consente di capire. “Yeah” pronunciati con sicurezza dal pubblico in risposta e si va avanti.

Parte la bella combo Antitode con il suo giro di batteria martellante subito seguita da Decompose dove, per movenze e suoni ricreati, troviamo Munro in modalità ipnotista – musicista alle tastiere, in quello che è il momento con maggiori head banging del live.

Instagram Alessio Belli

All’ottava delle dodici tracce vengono fuori musicalità più shogaze introdotte da Disarray. È la preparazione al finale – cattivo, del live.

Una pausa onirica, una tregua che i Preoccupations ci concedono dall’angoscia dei loro riff prima della devastante tripletta Memory – March in progress – e ovviamente Death.
È un’escalation di intensità e potenza,tutta la rabbia della band trova sfogo in una rapsodia dove ogni strumento vuole sovrastare il suono dell’altro, una rincorsa di almeno 8 minuti che investe tutto il pubblico, che non può fare a meno di fomentarsi insieme a chi sta sul palco.

Altre parole sbiascicanti di Matt – “Thank you” stavolta lo capisco – sudati e soddisfatti i nostri scendono, noi tra il pubblico un po’ di ansiette le abbiamo sfogate.

di Alberto Ratto