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E shoegaze sia…[6] Estate all’ombra (titolo non riconducibile all’autore)

Il titolo stavolta non lo trovo e ci ho pure pensato un bel pò senza risultati. Fa caldo, molto caldo e quindi devo farmi fumare i neuroni il meno possibile; ragion per cui questo è un articolo a ruota libera.

E shoegaze sia… – L’estate è un periodo morto, non prendiamoci in giro; si ferma tutto e si aspetta di ripartire a Settembre ognuno con i suoi progetti e se devo dirla tutta, in quest’anno, diciamo scolastico Settembre-Giugno, un bel pò di cose carine che ho narrato attraverso lo spazio concessomi da Casa Suonatori Indipendenti, ci sono state e tutte di buona fattura.

Stavo leggendo alcuni miei vecchi articoli e mi domandavo perchè a tutti i dischi che recensisco dò un buon giudizio, io, noto per la mia nequizia a trecentosessanta gradi. Boh, il motivo è presto detto: tratto solo di persone che gradisco, di progetti che mi sembrano convincenti da subito. Sul mio blog Shoegazin’ your Waves, ricevo un sacco di proposte e quando non le recensisco o non le trasmetto in radio, diciamo che eufemisticamente è perchè mi farebbero gentilmente cacare, ecco quindi che c’è già una prima scrematura.

Su C.S.I. invece, le cose sono diverse perchè questo spazio me lo gestisco io e la cacca manco ci entra. Voi direte, ma dove stanno le bands? Che album consigliamo questa volta? Un bel piffero. Intanto, mentre leggete, vi consiglio di mettere a tutto volume una band fresca fresca i Silver Dapple da Montreal, Canada; perfetto coacervo di post punk, shoegaze e una spruzzata di indie storto. E’ uscito da poco il loro primo album Moody Boots e ve li consiglio col cuore.

Ciò detto, dove ero rimasto? Ah si, sulla cacca musicale che non entrava nei miei scritti. Carissimi, a smontare un album e un gruppo non ci vuole davvero nulla e spesso, la cosa è anche giusta perchè fa bene al suddetto gruppo in questione che capisce una volta per tutte che le braccia possono essere usate anche per fini più nobili come l’aratura e la trebbiatura. Il problema però è che c’è sempre un modo per fare le cose. Si chiama, termine abusato, critica costruttiva che dovrebbe centrare le eventuali pecche, farle capire all’artista e fare in modo che migliori.

Ora, io lo so che ci sono in giro un sacco di cani (non la band, che pure è da arrestare) che andrebbero cancellati, ma spesso per fortuna, anche dei gruppi che necessiterebbero di aggiustare il tiro perchè le qualità le hanno. Leggo tantissimo di musica e mi accorgo che chi scrive, molte volte, non parla della musica che deve trattare, ma fa sfoggio egoico di erudizione musicale e di eloquenza nello scrivere manco fosse Lester Bangs. Lo leggi e poi scopri che è uno studentello che conosce si e no 10 dischi e 15 bands e su quelle ci costruisce una sontuosa “carriera” di censore e critico sgarbiano.

Non gradisco. Sarebbe bene che si parlasse di musica e non di descrizioni immaginifiche prive di costrutto. Io dico sempre, mettiamoci nei panni di chi legge e vuol capire sto disco com’è, basta poco perchè poi alla fine tutto è assolutamente soggettivo altrimenti Chapman non avrebbe fatto fuori John Lennon.

La questua potrebbe finire qui, ma non me la sento di lasciare così, con questa nota polemica, devo invece chiudere con qualcosa di bello e meritevole e allora vi propongo un giovine trio da Torino, i Lay che fa di college rock, indie e dream pop, virtù. Sono presenti anche nella compilation shoegaze “Italogaze Chiaroscuro 2018” e sono degni di una scommessa per puntarci su qualcosa.

 

di Dario Torre