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|Interview| A tu per tu con L’Edera, di cose che potevano essere e non sono state

Il suo nuovo singolo si intitola “Magica”, è uscito da poco per Romolo Dischi e segna il suo esordio in studio.

L’Edera è il progetto del giovane artista Alberto Manco, cresciuto tra il Salento e l’Emilia, ed è prodotto da Simone Sproccati con la supervisione di Emanuele Santona.

In attesa del suo nuovo EP, in uscita nei prossimi mesi, abbiamo fatto quattro chiacchiere con L’Edera

Sin dall’adolescenza hai lavorato a diversi progetti musicali: cosa hai imparato dalle varie esperienze nel corso del tempo?

Ho iniziato a vedere il far musica, oltre che come un sogno, come una responsabilità verso me stesso e verso gli altri. Prima ho imparato ad essere autosufficiente, poi a lavorare di squadra. Anzi, direi sto imparando.

Il tuo nuovo singolo, “Magica”, riesce a creare una particolare atmosfera, formata da segreti e desideri sospesi, nascosti; come è nato?

La storia di un incontro che non avverrà raccontata in Magica è un espediente per parlare di tutte quelle storie rimaste nel limbo del “come poteva essere”. È nato qualche estate fa e come l’estate, certe storie, certe canzoni, hanno un lato malinconico che non si manifesta solo nella sua fine, ma è parte di esse e ci fa sentire sospesi, appunto.

Oltre ad essere il tuo nome d’arte, l’edera viene richiamata simbolicamente anche nel nome del tuo primo EP, “Rampicante – EP”: che significato ha per te?

Lì dentro son racchiusi i miei primi due anni da universitario fuori sede.
È stato abbastanza naturale scegliere Rampicante come nome per un EP contenente canzoni che si erano fatte strada in un altro contesto rispetto a quello di partenza.

Un’edera nata e cresciuta nel Salento che iniziava a diramarsi anche a Parma.

Hai suonato in svariate parti d’Italia, anche in apertura ad altri artisti come Colombre, Galeffi e Giorgio Poi. Quale è stato fino ad ora il concerto che più ti ha emozionato e perché? Cosa ti è mancato in questo periodo senza live?

Tra le aperture ho un bel ricordo di quella con Colombre: c’era un bel clima e ho avuto modo di passare del tempo con lui e la band, persone molto alla mano. Da spettatore invece direi Cremonini al Dall’Ara: davvero emozionante, l’ho visto da solo, ero praticamente sotto palco.

Quello che mi è mancato di più dei live sono le voci della gente che canta all’unisono e i volumi altissimi che ti fanno vibrare dentro. 

Quali sono stati, nel corso degli anni, gli artisti che maggiormente ti hanno ispirato, e sotto quali aspetti?

Da ragazzino mi affascinava il mondo del rap, che tutt’ora apprezzo, e penso questo mi abbia influenzato nella scrittura dei testi, dato che tendo a scrivere in rima, usare tante parole e giocare con gli incastri.

Poi con Cesare Cremonini ho iniziato ad apprezzare anche le canzoni d’amore, pop ed eleganti. Durante l’adolescenza mi sono appassionato di musica underground italiana (l’ante indie) e ho avuto molti input.

In particolare mi hanno ispirato I Ministri e Le Luci della centrale elettrica, per l’approccio intenso, energico a tratti incazzato, ma liberatorio.

Uscirà qualcosa di nuovo nei prossimi mesi?

Sì, verranno pubblicati altri tasselli del puzzle che messi insieme diranno chi, o cosa, è L’Edera.

di Lucrezia Lauteri