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|Review| Blur, Parklife (1994) |Pillole Musicali in 8 Bit|

Il 1994 è l’anno del BritpopOasisSuedePulpBlur… chi più ne ha più ne metta! Tre aggettivi per definire la maggior parte di loro? Prolifici, meteore e teste di cazzo. Simpatici come la candeggina negli occhi, con la spocchia di chi è andato a dormire senza bere la tazza di thè delle 6 p.m.

Il terzo album dei Blur è il disco che consacra il Britpop, un successo commerciale e di critica che aiuta l’effettiva esplosione di questo nuovo movimento, l’album che li spinge un gradino più in alto rispetto agli Oasis del periodo (guerra senza esclusione di colpi con battute pesanti da entrambi i lati, naturalmente la palma degli stronzi di turno va ai fratelli Gallagher, mentre i Suede sono tagliati fuori dal litigio). Albarn, al termine delle registrazioni di Modern Life is Rubbish, comincia a buttar giù canzoni su canzoni, pezzi pop con un tocco New-wave e anche “barrettiani”, basandosi sul suo senso critico e cinico.

Il grande ostacolo alla realizzazione di Parklife è rappresentato dalla pessima condizione finanziaria in cui versa la band che ha indotto i membri a registrare in studio nel minor tempo possibile.

Questo lavoro, grazie anche alla chitarra di Graham Coxon, riesce a ritrarre in maniera abbastanza fedele, come se fosse un’istantanea, l’Inghilterra di quel periodo, i comportamenti e le sonorità tipiche degli anni ’90.

Girl & Boys è stata una delle canzoni più redditizie per i Blur, canzone a primo acchito semplice ma con una struttura musicale più complessa di quel che si pensi (tant’è che un altro simpaticaccio della musica inglese, Thom Yorke, ha dichiarato che è la canzone che gli sarebbe piaciuto scrivere), accompagnata da un videoclipabbastanza divertente nella sua bruttezza che vede la presenza degli stessi Blur che eseguono la canzone mentre sullo sfondo vengono mandati degli spezzoni di gente in vacanza.

Per l’artwork del singolo Girl & Boys la scelta è ricaduta su un’immagine di una scatola di Durex.

Inizialmente, il produttore aveva optato per un album che avrebbe dovuto chiamarsi London, con un carro pieno di frutta e verdura presente nella cover, questa idea naturalmente è stata scartata e da quel momento in poi il produttore è stato estromesso dal processo creativo. La scelta, poi, è ricaduta su una foto che ritrae una corsa di cani in un cinodromo (una delle attrazioni più grandi per gli anglosassoni) ed il nome è cambiato in Parklife.

La cover in questione è stata scelta, assieme ad altre 9 cover di album, dalla “Royal Mail” per la stampa di una collezione di francobolli basata sui 10 artworks più rappresentative della storia britannica.

Ed ora è il momento di salutarci naturalmente con la traccia più ballata di questo album che abbiamo deciso di accostare a Donkey Kong.

 

di Pillole Musicali in 8 Bit