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|Review| And You Can’t Build The Night di Diana (Manita Dischi)

A tre anni dalla nascita di Diana, dopo il fortunato EP d’esordio è in uscita il primo album.

Diana – La prima stella di una costellazione, si augura, che potrebbe aggiungersi al firmamento musicale italiano e -perché no?- anche internazionale, siccome il bilinguismo dei testi e lo stile pop-elettronico radicato nel folk almeno sulla carta lo permettono. E questa considerazione non è dettata necessariamente da gusti personali, bensì da un trasporto molto poco professionale…

Ma come non sognare all’ascolto di And You Can’t Build The Night ? Come non distogliere lo sguardo da una linea orizzontale? Come non proiettarlo in verticale?

Proprio agli astri, che in tempi remoti (e non solo) hanno vellicato l’immaginazione di antichi popoli i quali vi hanno trasposto “le faccende di terra”, la propria umanità, le proprie passioni, nella speranza di districare i misteri dietro le contraddizioni che le rendono così complicate e insondabili… e anche ogni esperienza di vita, dalla più ordinaria alla più inattesa, se accordata sinceramente al proprio sentire, nell’arte può andare incontro a una sorta di catasterismo positivamente inglorioso; perché tali esperienze non si incastonano nel firmamento per ergersi a irraggiungibili oggetti di venerazione, ma semplicemente perché possano essere viste da tutti, empaticamente condivise, diventare ancora più tangibili.

Dunque Diana ci conduce nel suo mondo interiore attraverso synth fluidi contrapposti a riff taglienti, ritmi trascinanti, atmosfere sospese, ipnotizzanti e oniriche. Attingendo a simboli astrali e mitologici ci parla di terrene passioni travagliate e portate avanti per inerzia, del confronto con i rapporti umani e con la società, e soprattutto della liberazione da soffocanti e rigidi schemi mentali di presunto controllo, che passa inevitabilmente per un’agrodolce sofferenza.

And You Can’t Build The Night uscirà il 28/09 per Manita Dischi, distribuito da Artist’s First.