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|Review| L’Inferno secondo Claver Gold e Murubutu

Claver Gold e Murubutu hanno trasformato una delle tre cantiche in un disco rap. Infernum è un concept album che può dare nuova chiave di lettura della Divina Commedia di Dante Alighieri. 

Infernum è il nuovo disco dei due più saggi rapper della scena musicale italiana che sono riusciti a rendere l’opera di Dante suggestiva e contemporanea.

Per farlo sono dovuti scendere negli inferi e guardare il regno dell’oltretomba così come l’ha visto il padre della lingua italiana più di seicento anni fa.

Ed è così che, anche grazie all’aiuto di altri dannati come Giuliano Palma e Davide Shorty,  il prof. Alessio Mariani (aka Murubutu) e Daycol Orsini (aka Claver Gold) sono riusciti in questa impresa quasi epica.

Messe da parte le terzine dantesche e impreziositi i “canti” con barre attualizzate e più adatte al contesto contemporaneo i due rapper hanno confezionato un disco dalle sonorità classiche, ma allo stesso tempo accattivante e intelligente in cui una luce nuova e suggestiva accompagna il viaggio attraverso il regno di Lucifero.

I riferimenti alla droga (in Caronte) o all’incapacità di alcuni uomini di non riuscire (o voler?) vivere la vita (come in Antinferno), ad esempio, non sono mai espliciti, ma riescono a trascinare l’ascoltatore piano piano verso la pragmaticità della storia.

I personaggi narrati da Dante, come Paolo e Francesca, Minosse o di Pier della Vigna, tornano da noi per raccontare storie sempre attuali come l’amore, il tradimento, il suicidio o la vita nell’aldilà. Così come Ulisse o Taide che ci ricordano l’importanza di essere curiosi, determinati e caparbi.

“Veduta Interna dell’ Inferno” di Michelangelo Caetani, 1855

Certo non è un disco facile e per capirlo non basterà aver ottenuto ottimi voti a scuola o una predisposizione per la storia o la letteratura italiana.

Ma se ascoltato con attenzione, cercando di seguire il flusso voluto dai sommi poeti, vi renderete conto che è un disco di valore da maneggiare con molta cura, come pochi oggi ormai vengono scritti.

di Damiano Sabuzi Giuliani