Review

|Review| La cassetta di ottobre 2020 |To Tape|

Una cosa che mi affascina del cambio dall’estate all’autunno è proprio il passaggio, la transizione, la fase in cui il giorno le temperature e la luce hanno ancora il ricordo dell’estate ma con lo sguardo verso il sole più tiepido e le serate sotto le prime coperte.

I primi momenti di letargo, maggiore tempo da trascorrere a casa per stare di più con se stessi, magari ascoltando dischi interi immersi completamente nella musica.
Se penso ad ottobre mi vengono in mente lo shoegaze, il folk prima maniera, il synthpop, tutto quello che questo mese di ottobre ha sfornato e che sfornerà a novembre.

Partiamo con il nuovo disco di Ben Harper, Winter is for lovers, che ridisegna completamente il suo approccio alla musica attraverso un album strumentale registrato utilizzando la sola lap steel, compagna di centinaia di concerti in giro per il mondo e nel corso degli anni.

Un metodo nuovo che ha messo in crisi prima di tutto lo stesso Ben, trovatosi dal registrare dischi molto stratificati ad avere un unico strumento e una gamma di suoni decisamente più ridotta.

Nonostante questo, Winter is for lovers è un disco completamente riuscito che vi porterà nell’iperspazio dei camini con il fuoco acceso e l’odore di legno ovunque.

Nel disco d’esordio dei Chicagoans Slow Pulp l’odore che si sentirà sarà quello dello spirito (tardo) adolescenziale con chitarre vibranti, una voce celestiale della cantante Emily Massey sotto melodie struggenti.

Moveys è uscito il 9 ottobre per la Winspear (stessa etichetta degli straordinari Lemon Twigs) e il loro esordio conferma le potenzialità individuate da Stereogum (il sito musicale più influente in America) che l’anno scorso li lanciò.

Shoegaze e slow core, canzoni minimali chitarra e voce, brano di chiusura in puro stile Beck, se non vi metterete a piangere disperatamente ascoltando la terza traccia “Idaho” non li meritate.

Malinconia a pacchi nell’ultimo disco dei Future Islands che fanno quello che hanno sempre saputo fare: i Future Islands.

As Long As You Are è l’ultimo tipico disco dei Future Islands ed è come un caldo abbraccio fatto di synth precisi e così retrò da farti esclamare: “ma come diavolo fanno?”

È questa la grandezza dei gruppi come loro.

Chiudiamo anche questo mese con un lavoro italiano.

Dopo un lungo tour con Poe3 is not dead e a sette anni da Sweet Love, Marco Parente torna con un nuovo lavoro, Life, che non è un concept ma un disco di canzoni, di belle canzoni, con il suo andamento notturno e pieno di tanti richiami a generi disparati: jazz, pop, R&B, “musica classica” con il quartetto d’archi curato da Enrico Gabrielli.

Marco Parente è l’esempio di un modo di fare musica affatto italiano ma dal gusto italiano – cosa ben diversa – ed oggi sempre più dimenticato.

di Renato Failla