Review

E shoegaze sia… [10] La classificona del 2018

E Shoegaze sia ...In Her Eye

Anno non malvagio, anno interessante per certi versi, anno ricco di cose che meritano molta attenzione.

In Italia, continuo a non vedere nulla in cose dove invece molti vedono tutto. Non mi piacciono certi fenomeni, non gradisco certe tendenze, non ne apprezzo nemmeno i nomi che si danno, siano essi solisti o band.

Ho letto un sacco di classifiche di molti portali in queste ultime settimane e mi domando: Ma nelle redazioni ascoltano tutti le stesse cose?

Una sequela di nomi identici senza colpo ferire. Bah, contenti loro, contenti tutti, io un pò meno, ma tant’è. Avrei un mio classificone, ovviamente tendente sempre allo shoegaze, ma non troppo e così mi accingo a dirvene.

Vogliamo suddividere il tutto in italiani e stranieri?  Ma si dai, così è più comprensibile e segue un filo logico.

Partiamo dal paese di appartenenza che facciamo prima.

Klam – NON

Melodie sinistre, algide e notturne.

In Her Eye – Change

Dal quartetto di Milano un disco maturo, pregno di psichedelia e pop in egual misura.

Starframes – Nicht Vergessen

Quindici pezzi, quindi squarci luminosi, cristallini. La band di Napoli definisce le coordinate di un pop malinconico eppur lucente, lento eppur sinuoso. Da avere.

 

Blessed Child Opera – Love songs. Complications

Opera omnia di Paolo Messere, voce e mente dei Blessed. Un doppio album con cosÏ tante cose dentro da andare ascoltato a lungo e a pi˘ riprese. Folk, dark, noise, musica cantautoriale di fine fattura. Questo e altro in un album definitivo.

Cito poi, qua e là Human Colonies con Midnight Screamer e i darkwavers Geometric Vision con FIRE! FIRE! FIRE!, ormai veterani e assoluti protagonisti della scena. Un album scuro, freddo e arcano.

Non v’è dubbio, adesso, che l’Italia abbia prodotto roba interessante che, al netto del movimento, non so quanto vero o strombazzato dai media, indie si pone in contrasto o comunque da altra parte. I succitati non hanno nulla di italico, nemmeno nelle liriche, tantomeno nelle melodie che attingono da tutt’altro background.

Parlare dell’estero mi risulta invece più semplice, più mio, in un certo senso.

The Daysleepers – Creation

Il capolavoro dell’anno secondo me. Lo shoegaze declamato nella sua forma più pura.

Poi ci sono tre bands che mi stanno molto a cuore e provenienti tutte dal Giappone, ormai terra fertile e di predominio assoluto per quanto concerne lo shoegaze e derivati.

17 Years Old and Berlin Wall – Object

Giovanissimi, pop, noise e accattivanti.

Luby Sparks – (I’m) Lost in Sadness

Ep che unisce Lush, MBV e pop di pregevole fattura.

Collapse – Delirium Poetry

Degni eredi dei Tokyo Shoegazer con ben chiara la lezione di Chapterhouse e Pale.

Non di solo indipendente e di underground vive l’uomo, ma ben altre vie egli batte.

http://collapse-jp.bandcamp.com/album/delirium-poetry

Theresa Wayman – Lovelaws

Intimo, vulnerabile, art rock, delicato. Il debutto di Theresa Wayman delle Warpaint.

 

Interpol – Marauder

Eccoli, li avevo persi con Antics, me li ritrovo di nuovo in pista e con qualcosa di degno. Si, ok, ma dov’è Carlos? Ridatemelo, sono anni che lo rivoglio.

Hatchie – Sugar and Spice

Com’è ruffiana, irresistibile, smaccatamente pop, dream pop anche, catchy, la nostra Harriette dall’Australia. un EP che è un piccolo gioiello.

Ho finito vostro onore e auguro, a voi che siete ascoltatori, fruitori e musici, un decente anno nuovo. A voi e famiglia.

di  Dario Torre