Review

|Review| Angelica ci racconta “Storie di un appuntamento”

La seguiamo da un po’ e ci piace sempre di più, per questo motivo le abbiamo fatto qualche domanda in occasione del nuovo album.

 Venerdì 5 febbraio è uscito, per Carosello Records, Storie di un appuntamento, il nuovo album di Angelica, cantautrice monzese dal sound raffinato e dall’affascinante e inconfondibile stile vintage

Ecco cosa ci ha raccontato!

Se dovessi presentare il tuo progetto ad una persona che non ha ancora mai sentito una tua canzone, come definiresti Angelica in breve?

Sono una cantautrice molto autobiografica, non sono brava ad inventarmi storie, però sono brava a vivermele; poi ho la necessità di raccontarle, una necessità dalla quale nasce tutto.

Ogni cosa passa attraverso la lente del mio gusto personale, che è un gusto abbastanza rétro ed allo stesso tempo legato anche al presente, ma comunque proiettato verso il futuro.

Poi, per il resto, direi direttamente: ascolta una canzone!

Ascoltando “Storie di un appuntamento”, sembra esserci un fil rouge che lega ogni canzone e, arrivati alla fine dell’album, ci si rende conto di dover trarre delle conclusioni un po’ su di noi, e su tutti gli appuntamenti che abbiamo avuto. Quali sono le conclusioni che hai tratto te mentre scrivevi le canzoni, mentre vedevi i tuoi pensieri nero su bianco davanti a te, e cosa ti ha fatto capire che finalmente l’album era concluso?

Allora, parto dalla fine: secondo me è molto difficile, credo per qualunque musicista, dover lasciare andare il progetto, potenzialmente si potrebbe continuare a lavorare sulla stessa canzone e sullo stesso disco per anni perché non c’è sempre un momento in cui dici okay, è finito. Forse a farlo comprendere è anche la saturazione, quando ormai non ce la fai più, e riascoltando per l’ennesima volta una canzone capisci che ormai è terminata.

Per quanto riguarda invece quello che ho imparato, è che fondamentalmente è meglio non trarre conclusioni, ma restare aperti al finale aperto, che non possiamo controllare.

Questo per me è stato importante, la perdita del controllo, non in senso ludico, ma smettere di cercare di controllare le cose.

Cosa pensi che sia cambiato in Angelica e nelle sonorità, rispetto al tuo album precedente?

In questo disco mi sono sentita molto libera, nel senso che l’altro era molto preciso, mentre questo è pieno di errori. Abbiamo tenuto tanti elementi anche dei provini, cose che abbiamo buttato giù senza pensarci troppo, come delle voci, il basso di Karma o l’assolo di DeNiro: sia un po’ perché mi ero affezionata, sia perché in realtà la spontaneità è molto bella, abbiamo tenuto tutto, tutti quegli errori.

Un disco molto libero, anche la scelta dei suoni, non segue una moda, non segue un filone, non segue una corrente, non segue niente, si fa un po’ i cazzi suoi questo disco.

È un risultato importante perché penso che, a prescindere dai gusti, ci sono anche delle cose delle quali riconosco il valore nonostante non rientrino tra quelle che riascolto volentieri, anche per la loro unicità; scopiazzare è facile, tirare fuori delle cose uniche è più difficile.

Tra una canzone e l’altra emergono molte citazioni, o comunque molti riferimenti esterni: quali sono state le tue maggiori ispirazioni per quest’album? Sono importanti gli stimoli provenienti dall’esterno, in generale?

Mentre scrivo certamente, anche perché, almeno per quello che mi riguarda, se non vivi di cosa scrivi? Io quando mi emoziono, quando vivo qualcosa, quando ho bisogno di comunicare qualcosa scrivo.

Tenco diceva “quando sono felice, esco”: è essenziale vivere.

Le citazioni in realtà sono varie; in quest’epoca siamo davvero tanto bombardati costantemente da tantissime informazioni, quindi sono consapevole del fatto che l’influenza in questo periodo è venuta anche da cose che non mi andava di cercare.

Questa è una cosa da un lato brutta, ma anche stimolante: magari ascolti la musica in streaming e ti esce una playlist strana, dove trovi delle cose, non ci badi neanche in quel momento lì, però dopo ti rendi conto che in qualche modo ti hanno influenzato. Oppure ti guardi un film e ti capita di rifletterne e di parlarne, e poi lo ritrovi tra le cose che scrivi. Sono tutti elementi che provengono da contesti vari, non c’è una cosa in particolare.

C’è una storia particolare o un ricordo molto bello legato all’album che ti andrebbe di condividere?

Ci sono tantissimi aneddoti su tutte le canzoni. In realtà io scrivo molto ma pubblico poco; per questo disco avevo scritto molti più pezzi di quelli che poi effettivamente sono usciti, e mi ricordo esattamente tutti i momenti che racconto. Sono stati tutti molto belli, molto divertenti, ad esempio ero a Roma, avevo suonato, ed il giorno dopo sono andata in studio con Marta Venturini: è stato bello perché dopo il concerto ero veramente piena di emozioni. Tra l’altro è stato anche l’ultimo concerto in full band che ho fatto, perché era novembre ed eravamo alle porte di questa situazione.

Mi ricordo questa energia particolare, io che ero molto stanca, non avevo dormito la notte, ed un testo che mi è uscito proprio di getto, ma anche Karma è nata spontaneamente mentre cazzeggiavamo e partendo da quello che era uscito ci siamo messi a scrivere, anche se non era quello l’obiettivo della giornata, quindi tutte cose che naturalmente accadono.

Senza porti limiti, c’è qualche artista o band, sia italiano che straniero, con il quale ti piacerebbe collaborare, o aver potuto collaborare ?

Tra gli artisti e le band italiane ci sono diverse persone, anche perché stiamo vivendo un bel periodo a livello musicale e non avendo fatto molte collaborazioni mi piacerebbe farle. Essendo un po’ scaramantica, però, per ora non ti dico chi (ride).

Invece per quel che riguarda le collaborazioni impossibili, e accattivanti, Lucio Battisti sarebbe stato per me incredibile, l’avrei voluto come padre.

Poi, insomma, mi sarebbe piaciuto anche scambiare due chiacchiere con Lennon, chiedergli un paio di cose.

Rimanendo su questa scia, quali sono le tue band preferite, o quelle a cui sei più legata?

In generale è risaputo che sono una beatlesiana quasi malata, quello è il mio punto di partenza. Ho avuto poi tutta una serie di fisse nella mia vita, ad esempio dopo i Beatles sono stata ossessionata dai Led Zeppelin, e da ragazzina ero fuori di testa per gli Strokes, come tutti i ragazzini insomma, ed invece ultimamente ho ascoltato molto i Tame Impala.

Cosa diresti alla te del passato che ancora deve intraprendere questa carriera solista?

Le direi non aver paura, di non farsi influenzare più, di seguire le proprie idee, di non essere insicura. Per il resto io sono molto contenta, oltre al fatto che è un bel momento di vita in generale a prescindere dalla musica, però penso che il più grande obiettivo che si possa raggiungere sia riuscire a fare quello che piace fare. Io lo faccio ed anche in maniera molto libera, e di questo sono davvero contenta.

Cosa dire quindi, in conclusione, di Storie di un appuntamento di Angelica?

Sin dalla prima canzone, ci troviamo davanti ad un album vero, spontaneo, delle qualità da non sottovalutare se consideriamo quanto ultimamente sia diventato più importante costruirsi un personaggio che funzioni invece che cercare di trasmettere qualcosa con la propria musica.

Alcune canzoni di questo secondo lavoro di Angelica non colpiscono subito dal primissimo ascolto, ma comunque vengono bilanciate da altri pezzi che invece entrano in testa (e, vi assicuro, ci restano anche per un bel po’), come ad esempio Karma o L’ultimo bicchiere.

Dopo aver ascoltato l’album tutto d’un fiato, mi sono resa conto di come Angelica sia riuscita a conquistare la mia piena attenzione per tutti i venticinque minuti del disco, tra un sound fresco ma allo stesso tempo rétro, e un curioso susseguirsi di storie mai scontate.

Molto spesso gli artisti hanno paura del secondo album, che può essere o ciò che fa perdere la curiosità verso di loro oppure il mezzo per consacrali e far comprendere a tutti che la loro non era solamente una bravura passeggera portata da un momento casuale di ispirazione: in questo caso possiamo tranquillamente dire che, con un album sincero, ma non scontato, Angelica ci ha riconfermato di essere un personaggio da tenere d’occhio in questa grande confusione musicale degli ultimi tempi.

di Lucrezia Lauteri